Elena Marangoni, Avvocato – Studio Legale Marangoni, Padova

Il Codice di Proprietà Industriale ha introdotto il principio dell’Unitarietà dei Segni Distintivi. Con esso il legislatore ha sancito che obiettivo della tutela è la finalità commerciale dei segni distintivi nel loro insieme, come strumenti di comunicazione e individualizzazione dei prodotti e dell’attività aziendale. Il legislatore ha riconosciuto al titolare di qualsiasi segno distintivo anteriore il diritto di tutelarsi contro chi adotti nomi identici o similari, seppure su segni distintivi diversi. Ne discende, ad esempio, che il titolare di una ditta anteriore potrà validamente opporsi, laddove vi siano le condizioni di tutelabilità – che sono l’uso effettivo del segno e la sua estensione territoriale –, alla registrazione ed uso, per esempio, di un domain name identico o simile per prodotti confondibili.

Va detto al riguardo che solo nel caso di marchio registrato il titolare ha un diritto ex lege esteso a tutto il territorio nazionale o extranazionale, in caso di marchio comunitario o internazionale. Per tutti gli altri segni distintivi, quali ditta, denominazione sociale, insegna o nome a dominio aziendale, l’estensione territoriale del diritto rivendicato, così come la continuità e consistenza del suo utilizzo debbono essere preventivamente provate in causa.

Tale fondamentale differenza rileva soprattutto in giudizio, laddove l’esistenza di un valido diritto di marchio registrato può permettere di arginare tempestivamente , già in sede cautelare di urgenza, gli attacchi di coloro che cercano di sfruttare la notorietà del segno.

In passato tale “battaglia” si giocava prevalentemente nel campo dei marchi, delle insegne, ditte o denominazioni sociali. Oggi il vero luogo del conflitto è Internet, gli smartphone, i social networks e tutta la multiforme struttura della comunicazione telematica, sostanzialmente più economica e accessibile a tutti.

Le controversie legali in questo settore si sono moltiplicate nell’ultimo decennio e hanno così provocato un importante salto qualitativo dei giudicati stessi. Nei molti casi affrontati le premesse per il successo sono state due: la corretta registrazione del segno anteriore come marchio e l’attento monitoraggio della rete, sia a livello nazionale sia sulle piattaforme straniere. Il primo caso che riferirò concerneva una testata giornalistica online. La testata del cliente, a diffusione prevalentemente locale ma con notorietà nazionale legata alla sua storia, era stata (parzialmente) imitata da una testata online operante in una diversa area del Paese, che ne aveva imitato anche la grafica tipica. L’utente che ricercava nei motori di ricerca la testata originaria trovava, in posizioni ravvicinate, la testata posteriore ed era indotto dalla similarità del nome e della grafica ad associarla a quella rinomata dell’editore anteriore. Per dare credibilità alla sua denominazione l’editore posteriore aveva anche acquisito una testata quasi estinta, ma risalente, modificandone l’impianto grafico in modo da replicare gli elementi distintivi della testata anteriore e creando così una rilevante situazione confusoria in danno al titolare del segno originario. La registrazione del marchio a livello comunitario ci ha permesso di ottenere con estrema celerità dei provvedimenti di urgenza senza essere costretti a fornire articolate prove dell’uso del marchio/ testata a livello nazionale, cosa che avrebbe potuto creare delle difficoltà, data la diffusione prevalentemente locale del prodotto; d’altro canto le ricerche storiche, portate sia sulla rete sia nei registri delle testate giornalistiche, ci hanno permesso di dimostrare come vi fosse una effettiva discontinuità tra il nome della testata, la cui registrazione sembrava poter risalire nel tempo, e il nome a dominio, di recente creazione.

In un altro caso, ottenuto un  primo provvedimento di inibitoria cautelare contro un concorrente che aveva adottato un marchio identico per identici prodotti, abbiamo potuto dimostrare con un nuovo procedimento cautelare, che il concorrente non aveva integralmente adempiuto all’ordine giudiziale. A seguito della seconda azione la controparte aveva cancellato dal suo sito internet i contenuti vietati dal Giudice “dimenticando” tuttavia la versione in inglese. Accortici di questo, lo abbiamo rilevato nel corso della discussione del nuovo cautelare inducendo il titolare del segno in contraffazione ad una costosa soccombenza negoziale.

Queste esperienze mostrano come la registrazione del marchio, oltre che del dominio e della denominazione dell’impresa, sia il fulcro di qualsiasi strategia di lancio o promozione di nuovi prodotti, servizi o imprese in quanto ne è il cuore non solo commerciale ma anche legale, e ciò a maggior ragione nel momento in cui l’impresa si affaccia sul mercato internazionale.

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