Giovanni Lecce, Avvocato – STUDIO NORD BREVETTI, Milano

Il marchio è un segno distintivo utilizzato, sullo sfondo della concorrenza di mercato, per contraddistinguere determinati prodotti o servizi, consentendo così al consumatore l’identificazione certa della loro origine. Carattere peculiare ed essenziale di un marchio è (tra gli altri) la capacità distintiva, atta a scongiurare eventuali rischi di confusione con altri marchi uguali e/o simili e a fornire una tutela giuridica di ampia portata.

I marchi dotati di una spiccata capacità distintiva vengono comunemente definiti marchi forti; tali sono i marchi che non presentano attinenze con i relativi prodotti/servizi e che sono improntati a una notevole originalità (ad esempio, il marchio Cà del Bosco per contraddistinguere uno spumante, o il simbolo di una mela per riferirsi a prodotti elettronici); al contrario si definiscono marchi deboli, quei segni che, seppur dotati di (una ridotta) capacità distintiva, sono carenti di originalità e fantasia, presentando un’immediata relazione con i prodotti/servizi che contraddistinguono, ovvero evocando caratteristiche tipiche di essi (ad esempio, alcuni marchi farmaceutici come Reumo-fil o il marchio Dermawand riferito a prodotti per la pelle).

La conseguenza, sul piano giuridico, della debolezza di un marchio sarà il minor grado di tutela a esso conferito rispetto a marchi maggiormente distintivi e quindi forti.

Nella realtà quotidiana non sono rari i casi in cui un soggetto, trascurando che i connotati di fantasia e originalità si rivelano fondamentali per la tutela giuridica del marchio che andrà ad adottare, decida di registrare (o utilizzare di fatto) un segno che presenti un immediato collegamento concettuale con i prodotti/servizi che è destinato a contraddistinguere. Come risultato, un marchio così ideato viene a essere carente del requisito essenziale di capacità distintiva; è questo il caso tipico del c.d. marchio descrittivo, vale a dire quel marchio la cui funzione si riduce alla mera descrizione dei prodotti/servizi pe i quali viene adottato.

Oltre che sotto il profilo concettuale, un marchio può risultare descrittivo da un punto di vista meramente semantico; è il caso dei marchi composti unicamente da una o più parole il cui significato riconduce, nell’immediata percezione del consumatore, ai prodotti/servizi contraddistinti o alla loro natura (ad esempio, il marchio Electronica per contraddistinguere prodotti di elettronica) .

Un marchio può altresì risultare descrittivo anche sotto il profilo grafico, ossia quando un elemento figurativo presente in esso non è di fantasia, ma semplicemente “descrive” i relativi prodotti/servizi, ovvero la loro funzione (la figura di una fragola per indicare il cocktail Fragolino).

L’invalidità di un marchio descrittivo, per mancanza di capacità distintiva, trova apposita previsione normativa nell’art. 13 del Codice della Proprietà Industriale (CPI).

Simili ai marchi descrittivi sono i c.d. marchi espressivi (in quanto anch’essi marchi deboli) ossia quei segni che, anche se parzialmente composti da espressioni non comuni, presentano un chiaro collegamento con caratteristiche o funzioni dei prodotti/servizi che contraddistinguono (ad esempio, il marchio Oransoda riferito a bibite a base di arancia, oppure il marchio farmaceutico Benagol).

Chiarito il limite insito nella descrittività o espressività di un marchio in virtù di quanto dispone la citata norma, va peraltro precisato che il medesimo art. 13 CPI prevede la possibilità che un marchio, originariamente privo di carattere distintivo e quindi debole, possa acquisire distintività e divenire forte a seguito di un suo uso commerciale e pubblicitario di misura consistente: è il fenomeno del c.d. “secondary meaning”.

“In tema di marchio, la tutela del cosiddetto “Secondary Meaning”, fenomeno che si verifica tutte le volte in cui un segno, originariamente sprovvisto di capacità distintiva per genericità, mera descrittività o mancanza di originalità, acquisti in seguito, tali capacità in conseguenza del relativo uso di mercato, così che l’ordinamento si trova a recepire il “fatto” della acquisizione successiva di una “distintività” attraverso un meccanismo di “convalidazione” del segno (…) “
Cass. Civ. Sez. I, 26/01/1999, n. 697.

Ciò posto, marchi descrittivi e/o espressivi, originariamente carenti di capacità distintiva e quindi non suscettibili di una valida tutela in quanto deboli, possono – al verificarsi di talune circostanze precedenti la domanda di registrazione o la domanda di nullità – essere rafforzati (ossia, recuperati o riabilitati) grazie a un ampio uso protratto nel tempo, accompagnato da un’intensa pubblicità, che conferisca loro quell’efficacia tipica dei segni distintivi e il relativo grado di tutela.

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