Elena Marangoni, Avvocato, Studio Legale Marangoni, Padova

L’imprenditore ha spesso un rapporto contradditorio con la difesa legale dei diritti di Proprietà Industriale e/o Intellettuale aziendali (in seguito IP), combattuto tra l’innegabile lunga durata dei procedimenti civili in Italia e il tendenziale desiderio di vedere i frutti delle sue scelte operative nel medio – breve termine.

Nell’ultimo decennio sono stati predisposti dal legislatore italiano ed europeo in materia di IP strumenti legali che permettono, in una buona maggioranza di casi, di giungere a provvedimenti cautelari di inibitoria con efficacia definitiva entro pochi mesi, facilitando quindi il raggiungimento di soluzioni stragiudiziali molto soddisfacenti già nelle prime battute del processo.

Il caso che qui si presenta ha ad oggetto il marchio di un prodotto nel settore del mobile, la cui prima adozione e registrazione risalivano rispettivamente agli anni ’60 e  ‘70. La semplicità accattivante del prodotto ne avevano costruito la fama nel corso dei suoi 50 anni di vita, apparendo regolarmente in tutte le maggiori riviste del settore e persino nei libri di design, nonostante la piccola ditta produttrice non avesse per se stessa una importante forza di penetrazione commerciale. Il marchio, che evocava in una lingua straniera il nome di un oggetto del contenitore, era stato contraffatto in modo integrale da un concorrente per un identico prodotto e a nulla erano servite le diffide del consulente marchi, prima e del legale, poi.

Data la gravità della contraffazione e il rischio di volgarizzazione del marchio e diluizione del suo potenziale commerciale l’impresa – che su quel marchio e prodotto concentrava buona parte del suo fatturato – decise di promuovere l’azione legale, nella forma di un ricorso per inibitoria cautelare ex art. 131 CPI.

Si tratta di un’azione che mira ad ottenere un ordine provvisorio di inibitoria alla produzione, promozione e commercializzazione dei prodotti con il segno in contraffazione e può essere corredato da un ordine di ritiro dal mercato dei prodotti recanti il marchio e dalla fissazione di una penale per la trasgressione dell’ordine del tribunale. La particolarità di questo provvedimento è la possibilità di stabilizzarsi, qualora nessuna delle parti decida di impugnarlo o di proseguire con l’azione ordinaria.  In materia di marchi la procedura cautelare può impiegare 2-3 mesi fino alla emissione del provvedimento; in materia brevettuale può necessitare l’esecuzione di una consulenza tecnica e quindi richiedere un tempo superiore.

Il procedimento cautelare, gestito inizialmente da un legale non specializzato in PI senza porre il dovuto accento sugli elementi di forza della ricorrente – che erano la storicità e notorietà del marchio – trovò la contrapposizione di un ottimo collega e specialista in PI, che non ebbe difficoltà a convincere il giudice sulla descrittività e conseguente nullità del marchio ai sensi dell’art. 13.1, ottenendo il rigetto del ricorso, ritenuto dal giudice infondato.

L’azienda si rivolse quindi al mio Studio per impugnare l’ordinanza di rigetto presentando Reclamo al collegio ex art. 23 D.Lgs. 5/2003 e 669 terdecies c.p.c. I tempi erano molto stretti: 15 giorni dalla comunicazione dell’ordinanza di rigetto. Il reclamo fu fondato su tre argomenti principali:

  • piena validità ai sensi dell’art.13.1 del marchio della reclamante, in quanto il nome che lo costituiva non era in alcun modo usato, nel linguaggio comune o in quello specifico del settore per indicare “…la specie, la qualità, la destinazione, il valore, la provenienza ovvero l’epoca di fabbricazione del prodotto o servizio o altre caratteristiche del prodotto o servizio”. Si è dimostrato inoltre che all’epoca del deposito del marchio, data la scarsa conoscenza della lingua straniera nel nostro Paese, questo sarebbe comunque stato percepito dal consumatore italiano come un nome di fantasia;
  • in ogni caso, sull’acquisita successiva validità del segno per secondary meaning ex art 13.3 CPI per l’intensa pubblicizzazione e il grande apprezzamento di pubblico nel corso degli oltre 50 anni di presenza nel mercato.
  • rinomanza acquisita dal marchio ex art 20 c), che lo rendeva non solo proteggibile ma anche forte e meritevole di una tutela allargata, alla luce della notorietà e diffusione avuta nel corso dei suoi 50 anni di storia, comprovata dalla importante documentazione prodotta.
  • concorrenza sleale della resistente ex art 2598, 1 – uso di nomi o segni distintivi del concorrente – dimostrando come la presenza ad eventi fieristici particolari in posizioni attigue e la rinomanza del marchio della reclamante rendesse plausibile ritenere che il marchio non potesse essere ignoto alla resistente.

Il collegio, accogliendo il reclamo, revocava l’ordinanza cautelare ed emanava l’ordine di inibitoria alla commercializzazione di prodotti con il marchio contraffatto e la rimozione del materiale promozionale e pubblicitario, cartaceo ed elettronico. Fissava inoltre un termine per l’esecuzione da parte della resistente e imponeva una penale per ogni violazione successiva alla sua scadenza o per ogni giorno di ritardo nella esecuzione.

Avendo subito un danno anche commerciale per l’attività di contraffazione e di concorrenza sleale della concorrente, la cliente decideva di promuovere l’azione ordinaria. Nel corso dello studio per la predisposizione dell’azione ci si accorgeva che controparte non aveva adempiuto integralmente all’ordine di rimozione del marchio e che questo risultava ancora visibile persino sul sito istituzionale dell’impresa.

Contestualmente alla notifica ed iscrizione a ruolo della causa si proponeva pertanto un nuovo ricorso cautelare lamentando la mancata esecuzione del provvedimento originario, e chiedendo la liquidazione della penale, per ogni giorno di violazione successivo alla scadenza del termine fissato dal Tribunale.

Presentatici in udienza e accertato dal giudice, anche in quello stesso frangente, il perdurare della violazione questi invitava la controparte a trovare una soluzione stragiudiziale di composizione della controversia.

Questa è stata raggiunta assicurando al cliente un soddisfacente risarcimento per la violazione subita, oltre al riconoscimento da parte della convenuta della piena validità e notorietà del suo marchio e l’impegno a non contraffarlo più in futuro, il ritiro immediato di tutte le rimanenti comunicazioni in violazione del provvedimento del Tribunale e il rimborso di tutte le spese legali.

In un tempo non superiore ai 7 mesi dalla proposizione del primo ricorso, il cliente ha visto pertanto efficacemente tutelato il suo diritto di esclusiva sul marchio e costretto controparte a un accordo transattivo che gli riconosceva il pieno rimborso dei costi legali e il risarcimento del danno patito.

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