Manuela Modigliani, Avvocato, FIAMMENGHI – FIAMMENGHI, Roma

L’uso sempre più diffuso di Internet ed il continuo ampliarsi delle opportunità commerciali che offre rendono ogni giorno più aspra la competizione, finalizzata ad attrarre il maggior numero di visitatori sul proprio sito web. Con la diffusione di Internet aumentano gli abusi del marchio in rete. Una delle forme di contraffazione del marchio sul web avviene attraverso l’utilizzazione illecita del “meta-tag”.

La “parola chiave” per cercare nella Rete ciò di cui si ha bisogno incide sempre di più nel settore della concorrenza, in quanto il suo uso, o meglio l’abuso, è in grado di alterare i normali equilibri di mercato.

Le fattispecie più comuni coinvolgono società titolari di marchi registrati (soprattutto nel settore dell’abbigliamento) che contestano l’uso dei marchi di loro proprietà da parte di società concorrenti le quali, nei loro siti web, senza ovviamente fare alcun riferimento alle società titolari dei marchi, inseriscono nei “meta-tag” quei marchi, per comparire fra i risultati dei motori di ricerca.

In generale l’uso da parte di un soggetto non legittimato di una “keyword” che riproduce il marchio altrui per aprire un link sponsorizzato, costituisce illecito contraffattorio ai sensi dell’art. 1 comma 2 del Codice di Proprietà Industriale (C.p.i.).

Tale uso scorretto del marchio altrui integra altresì un atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 c.c. in quanto attività confusoria, appropriativa dei pregi altrui, nel complesso professionalmente scorretta e idonea a danneggiare l’altrui attività di impresa.

L’uso illecito dei meta-tag appare in astratto idoneo ad integrare anche una forma di pubblicità ingannevole (Dlgs 145/2007), inducendo in errore il pubblico dei consumatori ai quali è rivolta potendo pregiudicare il loro comportamento economico.

Il caso “Google” deciso dal Tribunale di Milano (con sentenza datata 11 marzo 2009) affronta, per la prima volta nella giurisprudenza italiana, la problematica correlata all’abuso di un servizio di marketing telematico di per sé lecito: l’AdWord servizio prestato dal noto motore di ricerca.

Il Tribunale in particolare è stato chiamato a decidere circa la condotta illecita di una società di autonoleggio che sfruttava il marchio di una concorrente per attirare nuovi clienti sul proprio sito. In particolare all’utente che immetteva nella stringa di ricerca la parola “autonoleggio”, compariva un link sponsorizzato contenente il noto marchio della società attrice. Cliccando sul link l’utente veniva però reindirizzato alla pagina web della società convenuta.

Il Tribunale di Milano conclude affermando che “E’ concorrenza sleale il comportamento della società che aggancia parassitariamente il proprio sito internet al marchio di una società concorrente”.

Più recentemente, il Tribunale di Palermo (con sentenza del 7 giugno 2013) ha affrontato la controversia nata per l’uso del marchio anche in questo caso di una nota società di autonoleggio da parte di una concorrente, quale meta- tag all’interno dei servizi del motore di ricerca “Google”, al fine di creare un collegamento tra il suddetto nome e il suo sito web dove la convenuta pubblicizzava la propria attività. Il Tribunale si è soffermato ad esaminare se l’uso del marchio dell’attrice da parte della convenuta tramite AdWords debba considerarsi vietato in quanto capace di compromettere una delle seguenti funzioni del marchio: i) la funzione di indicazione di origine; ii) la funzione di pubblicità; iii) la funzione di investimento. La compromissione della funzione pubblicitaria viene in realtà immediatamente negata dal Tribunale, il quale ritiene invece compromessa la funzione di indicazione di origine del marchio laddove la convenuta lo utilizzava non come semplice keyword di AdWords, ma in abbinata con la funzione “dynamic keyword insertion” offerta da tale servizio: in tal caso, infatti, il marchio compariva come titolo degli annunci pubblicitari della convenuta, creando un rischio di confusione presso il pubblico e di associazione tra i prodotti e servizi delle società concorrenti.

Occorrerà attendere ancora qualche anno per avere decisioni della Suprema Corte che dettino principi uniformi. Al momento quello che le imprese devono fare per tutelare i loro investimenti, oltre naturalmente a registrare il proprio marchio e registrare il maggior numero possibile di nomi a dominio corrispondenti al marchio, è attivare un servizio di sorveglianza per monitorare costantemente la Rete.

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