Sergio Riccardi, Consulente Europeo in Brevetti e Marchi, IPSER S.r.l., Milano

È noto che la consulenza tecnica d’ufficio (CTU) riveste un ruolo essenziale nelle cause riguardanti diritti di proprietà intellettuale, fornendo al tribunale giudicante il necessario supporto tecnico sul quale basare le motivazioni delle emanande sentenze.

Non sempre la CTU viene chiesta dalla parte in causa per far valere un proprio diritto o per far accertare la mancanza di interferenza con un diritto altrui, a volte viene chiesta per sostanziare un diritto inesistente per bloccare l’entrata sul mercato di un potenziale concorrente, pratica attualmente definita dal termine abuso del diritto.

Un caso molto interessante nel quale il nostro studio ha avuto un ruolo preminente in qualità di consulenti tecnici di parte (CTP) è appunto quello di un tentativo fallito di una azienda di bloccare un potenziale concorrente (quest’ultimo da noi assistito come CTP) con una causa per violazione di informazioni segrete (Art.98 CPI) e concorrenza sleale (Art. 2598 cc), che ha comunque richiesto ben cinque anni di tempo per arrivare a sentenza, che le parti non hanno appellato.

Il settore merceologico della vertenza è quello delle industrie chimico-farmaceutiche, e più precisamente quello dei cosiddetti terzisti, cioè aziende che forniscono alle case farmaceutiche le sostanze attive già preparate nella forma di somministrazione desiderata (compresse, granuli, capsule, fiale, sciroppi) per poter poi essere riempite nelle confezioni con cui vengono messe in commercio.

L’azienda (A) da noi assistita aveva realizzato speciali microgranuli di una sostanza attiva problematica da utilizzare per le difficoltà di deglutizione e di sapore dei granuli reperibili in commercio, e li aveva offerti ad un’azienda (B) produttrice di tale farmaco per l’impiego in un loro corrispondente prodotto, fornendone campioni e la documentazione completa delle fasi produttive e delle analisi delle sue prestazioni. Dopo alcune settimane, l’azienda (B) si dichiarò non interessata al prodotto, per cui l’azienda (A) offrì lo stesso prodotto ad altra azienda che invece accettò l’offerta.

L’azienda (B) venuta a conoscenza dell’accaduto, presentò ricorso per descrizione accusando l’azienda (A) di violazione di segreti industriali. Il ricorso fu accolto ed il perito nominato eseguì accessi nei due stabilimenti di (A) raccogliendo alla rinfusa un gran numero di documenti che vennero chiusi in buste sigillate e custoditi in tribunale.

A questo punto si deve chiarire che nell’azienda (A) lavoravano alcuni ex dipendenti della azienda (B), la quale ultima già utilizzava l’azienda (A) per rifornirsi di alcuni ingredienti fabbricati da (A) e necessari a (B) per alcune sue specialità, ed i contatti anche personali tra dipendenti delle due aziende erano normali e continui.

Alla descrizione così eseguita fece seguito l’atto di citazione già menzionato, nel quale vennero citati anche due dipendenti di (B) nel frattempo licenziati con l’accusa di aver rivelato ad (A) informazioni segrete, e l’inevitabile conseguenza fu la nomina di un CTU a cui fu posto un duplice quesito: (1) se nei documenti tecnici prodotti da (B) con l’atto di citazione sussistessero i requisiti di proteggibilità ex Art. 98 CPI e (2) se i documenti di (A) contenuti nelle buste sigillate contenessero materiale rientrante nei documenti tecnici prodotti da (B). Le buste sigillate vennero consegnate al CTU con l’obbligo di secretazione di tutti i documenti a lui affidati, visibili solo dai CTP e dai legali delle parti, cui fu richiesto di firmare l’obbligo di riservatezza anche verso i propri mandanti.

La consulenza tecnica richiese numerose riunioni collegiali per aprire tutte le buste, catalogare i contenuti ed escludere tutti quei documenti unanimemente ritenuti non pertinenti, ed inoltre lo scambio di ben quattro memorie tecniche di parte, nelle quali confutammo punto per punto le pretestuose affermazioni di (B). La conclusione alla quale pervenne il CTU fu che la documentazione prodotta da (B) poteva contenere materiale proteggibile ex Art. 98, ma quella di (A) contenuta nelle buste sigillate non permetteva di accertare l’interferenza con (B) essendo vaga ed incompleta.

Su ricorso di (B) il giudice disponeva allora un supplemento di consulenza tecnica, dando incarico al CTU (un noto ed affermato consulente in PI) di esaminare sistematicamente tutta la documentazione reperibile presso i due stabilimenti di (A), alla presenza dei CTP ed i legali delle parti, altro faticoso lavoro che richiese altri due giorni interi di una vera e propria perquisizione dei locali di (A), nel corso della quale i legali di (B) giunsero perfino ad affermare che i macchinari e la stessa disposizione dei locali ricalcavano pedissequamente la configurazione della azienda loro cliente!

La conclusione di questa rinnovata consulenza tecnica, anche questa volta dopo lo scambio di ripetute memorie, nelle quali dimostrammo nuovamente l’inesistenza di qualsiasi copiatura da parte di (A) delle formulazioni prodotte da (B), fu che non furono riscontrate somiglianze tra i documenti posti a confronto, e questa risultanza fu trascritta nella successiva sentenza, che stabilì anche che le condotte dei due dipendenti di (B) ingiustamente licenziati (ed infatti reintegrati in servizio) non offrivano indicazioni in tal senso, e nemmeno che (B) avesse fornito alcuna evidenza diretta od indiretta di un effettivo passaggio di informazioni riservate da (B) verso (A).

L’unico appunto mosso ad (A) fu quello di aver rielaborato una versione del Manuale di Autocontrollo Aziendale di (B), cortesemente trasmesso da uno dei suddetti dipendenti ad uno degli ex-dipendenti di (A) come esempio da seguire per la sua compilazione, il cui contenuto tuttavia fu considerato dal CTU non presentare il requisito previsto dall’Art. 98 e, solo per questa infrazione,  è stata ritenuta comprovata la violazione di (A) dell’Art. 2598 cc, definendola tuttavia nella sentenza “una piccola scorrettezza riferentesi a vicende oramai definitivamente storicizzate”.

Questa complessa vicenda dimostra come la presentazione di montagne di documenti e l’assistenza di avvocati di chiara fama possano non bastare per far prevalere ingiustamente le pretese di aziende importanti nei confronti di un’azienda più modesta.

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