Loredana Mansi, Consulente in Marchi e Raffaella Previtera, Avvocato
Metroconsult Srl, None (To), Milano, Genova

Il Made in Italy agroalimentare si identifica, principalmente, con quei prodotti della dieta mediterranea (ad esempio pasta, formaggio, vino, prodotti dolciari, insaccati) che sono fortemente legati “all’italianità” e che rappresentano, tra l’altro, una quota rilevante dell’esportazione del settore.
Ai prodotti agroalimentari possono essere apposti marchi (individuali, collettivi), etichette, indicazioni per la tracciabilità dei prodotti stessi, nonché indicazioni sull’origine o la provenienza (il cosiddetto “Made in”). Ognuna di queste fattispecie è regolata da leggi nazionali e sovranazionali. Per la Giurisprudenza consolidata italiana, la dicitura “Made in” indica l’origine o la provenienza di un prodotto da un imprenditore e non da un territorio geografico (salvo quanto si dirà per i prodotti agroalimentari DOP e IGP). Si precisa che, al momento, l’indicazione dell’origine italiana (o di altro paese dell’UE) di un prodotto non è obbligatoria, ma se apposta deve essere veritiera e conforme alle prescrizioni della legge. L’obbiettivo del legislatore è quello di tutelare il consumatore da informazioni mendaci. La principale normativa di riferimento italiana del “Made in” è la legge n. 350/2003, in particolare l’art 4, comma 49, e successive modifiche (DL n. 135/2009 e Legge 166/2009) che richiama la fattispecie di cui all’art. 517 c.p. Secondo la legge 350/2003, l’apposizione della dicitura di Made in Italy su un prodotto deve essere conforme all’attuale vigente normativa contenuta nel Codice Doganale Comunitario CE 450/2008 che stabilisce i criteri per la definizione dell’origine di un prodotto. In ossequio a quanto disposto negli artt. 23 e 24 del suddetto codice, sono considerate italiane e si può apporre il Made in Italy: 1) sulle merci interamente ottenute in Italia, oppure 2) su quelle che in Italia hanno subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione. Per i prodotti agroalimentari contraddistinti da DOP o IGP, l’origine e la provenienza è sempre quella geografica, essendo le qualità dei suddetti prodotti, la loro lavorazione e trasformazione legata ad un particolare ambiente geografico. Per i prodotti agroalimentari cosiddetti “generici”, per l’apposizione del Made in Italy rilevano i disposti degli artt. 23 e 24 del Codice Doganale, di cui sopra. In ambito nazionale, la legge prevede l’indicazione obbligatoria dell’origine per specifiche categorie di prodotto, quali i prodotti ortofrutticoli freschi, carni bovine e avicole, latte fresco, uova, prodotti ittici, passata di pomodoro, miele, olio di oliva. Rispetto al criterio dell’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, la Giurisprudenza italiana si è trovata diverse volte nella condizione di dover decidere se l’indicazione del Made in Italy su un prodotto agroalimentare fosse avvenuta in modo legittimo o meno. Nella decisione del 03.09.2012, il Tribunale di Nocera Inferiore aveva ritenuto che la commercializzazione di prodotti contenenti concentrato di pomodoro di produzione cinese, su cui era apposto il Made in Italy, fosse avvenuto in violazione della relativa normativa sull’origine, in quanto la sola aggiunta di acqua e sale, nonché la pastorizzazione, l’inscatolamento e il confezionamento non costituivano una trasformazione sostanziale del prodotto stesso. In un altro caso, la Corte di Cassazione aveva ritenuto corretta l’apposizione del Made in Italy per macedonie di frutta, la cui materia prima proveniva da paesi esteri, essendo la lavorazione sostanziale avvenuta in Italia. E’ fuori dubbio che l’indicazione Made in Italy abbia acquisito negli ultimi anni una certa appetibilità commerciale e che qualsiasi prodotto etichettato Made in Italy acquisisca immediatamente un valore aggiunto sul mercato, ma è evidente che la sua fraudolenta apposizione sui prodotti (o sulle confezioni) espone il titolare a sanzioni civili, penali e amministrative. Da ciò ne deriva l’importanza di una costante attenzione degli aspetti qui sopra menzionati e la necessità di una valutazione approfondita delle problematiche che ne conseguono.

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