Anna Carmignato, Consulente in Marchi – Arkonsult Div. Baldissera Brevetti, Padova
Talora la prassi dell’UAMI appare controversa nel valutare il conflitto di marchi successivi con diritti anteriori tutelati come marchi registrati e come denominazioni d’origine secondo le direttive CE in materia, in primis, il regolamento CE 2081/92 e la direttiva CE 510/06. Il caso in esame appare in effetti emblematico. Trattasi della decisione del 30/06/2010 nella opposizione No. B1165135 che vedeva il Consorzio del Parmigiano Reggiano opposto ad una Società tedesca titolare della domanda comunitaria del marchio GRANOREGGIO tra gli altri per formaggi, latte e derivati (cl.29). L’opposizione si basava sul conflitto con precedente denominazione d’origine protetta (art. 8.4 Reg. 40/94/CE) e con marchio notorio (art. 8.5 Reg. cit.), e non ultimo sul rischio di confusione e associazione tra marchi simili per prodotti identici e affini (art. 8.1.b cit.).
L’opponente si riferiva anche al marchio GRANA PADANO® in base all’art. 13 della dir. CE 510/06 cit. che dispone la tutela delle denominazioni registrate contro “qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, … o alle qualità essenziali dei prodotti…” (lettera c) e “qualsiasi altra prassi che possa indurre in errore il consumatore sulla vera origine dei prodotti ” (lettera d). Il marchio opposto nelle sue componenti GRANO e REGGIO evocava rispettivamente GRANA (PADANO) e PARMIGIANO REGGIANO (l’enfasi è della scrivente), inducendo a pensare che formaggi e alimenti a marchio GRANOREGGIO fossero costituiti da miscele di prodotti a marchio GRANA PADANO® e PARMIGIANO REGGIANO®, risultando suscettibile di creare un legame tra denominazioni d’origine distinte e perciò ingannevole. L’opponente considerava che ogni componente della denominazione d’origine PARMIGIANO REGGIANO® è tutelata e pertanto un semplice confronto tra marchi sarebbe dovuto bastare per l’accoglimento dell’opposizione. A ciò si aggiungeva la notorietà della denominazione PARMIGIANO REGGIANO® evocata nel marchio opposto nella componente –REGGIO con chiaro riferimento alla città di Reggio Emilia, sede del Consorzio nonché area di produzione del formaggio stesso. In relazione ai prodotti, poi, l’opponente invocava una protezione estesa che comprendeva anche le altre classi rivendicate dal marchio opposto (30 e 31) sulla base della citata dir. 510/06, art. 13 lettere b,c,d. Non v’era dubbio che alimenti marcati GRANOREGGIO potessero essere dannosi alla fama del marchio PARMIGIANO REGGIANO® creando un ingiustificato legame tra marchi e traendo un indebito vantaggio dalla qualità e notorietà del marchio anteriore.
Rispetto a tali argomenti, il giudizio dell’UAMI appare almeno discutibile. L’opposizione infatti è stata respinta per assenza di rischio di confusione sia di gran parte dei prodotti sia dei marchi giudicati differenti dal punto di vista fonetico e concettuale; la notorietà respinta per insufficienza di prove; respinto anche il rischio di confusione in base alle direttive comunitarie su denominazioni d’origine e indicazioni geografiche. In particolare, su questo punto “una denominazione protetta è evocata ove il termine usato per designare quel prodotto…contiene lo stesso numero di sillabe, con il risultato che la somiglianza fonetica e visuale… risulta evidente…Nel presente caso, … L’Ufficio ritiene che le somiglianze non siano sufficienti per la sussistenza dell’”evocazione” …infatti…non sussiste somiglianza fonetica tra i segni” (Dec. Opp. B1165135 cit., p. 15).
Gli aspetti critici di tale decisione sono tutti di interesse. Ciò che preme sottolineare qui è il concetto di “evocazione” sul quale l’Ufficio appare essersi espresso in modo sommario e che la componente “PARMIGIANO” sia la sola meritevole di tutela, laddove la direttiva CE 510/06 cit. ritiene tutte le componenti di una denominazione d’origine protette in ugual misura. In tale senso, i passi intrapresi dall’UAMI quali la pubblicazione degli elenchi di prodotti alimentari e agricoli protetti da direttive comunitarie così come di casi della Corte di Giustizia su denominazioni d’origine e indicazioni geografiche appaiono incoraggianti e tesi ad una maggiore cognizione di diritti tanto rilevanti quanto strategici in particolare per un paese come l’Italia.