Cristiano Bacchini, Avvocato – Bacchini Mazzitelli Studio Legale Associato, Milano

La regolamentazione dei vini di pregio caratterizzati da una connotazione territoriale trae origine dal DPR 930 del 12 luglio 1963 a seguito di un’esigenza a lungo sentita di regole chiare in ambito vitivinicolo. I primi tentativi, tuttavia, risalgono a trent’anni prima allorquando venne promulgata la legge 1164 del 1930 mai applicata, a fronte della mancanza dei decreti attuativi. Attualmente, la disciplina in vigore è il D.lgs. 61/2010, a mente del quale le DOCG (Denominazioni di Origine Controllata e Garantita) e le DOC (Denominazioni di Origine Controllata) divengono le menzioni specifiche tradizionali utilizzate dall’Italia per designare i prodotti vitivinicoli DOP, come regolamentati dalla Comunità Europea. Ciò premesso, il riconoscimento della denominazione di origine controllata è riservato ai vini provenienti da zone già riconosciute, anche con denominazione diversa (Indicazione Geografica Tipica), da almeno cinque anni, che rappresentino almeno il trentacinque per cento della produzione dell’area interessata. Le DOCG sono invece di pertinenza di vini di particolare pregio – per le caratteristiche qualitative intrinseche e per la rinomanza commerciale acquisita – che possono vantare la sigla DOC da almeno dieci anni ed i cui vigneti rappresentino almeno il cinquantuno per cento della superficie totale, idonea alla rivendicazione della relativa denominazione, dichiarata allo schedario viticolo. Di regola il riconoscimento di una DOCG deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella della DOC di provenienza, mentre il riconoscimento di una DOC deve prevedere una disciplina viticola ed enologica più restrittiva rispetto a quella della IGT precedentemente rivendicata. Nel caso di passaggio di tutta una denominazione da DOC a DOCG anche le sue zone caratteristiche e/o tipologie vengono riconosciute come DOCG, indipendentemente dalla data del loro riconoscimento. Le zone di produzione delle denominazioni di origine possono comprendere, oltre al territorio indicato con la denominazione di origine medesima, anche territori adiacenti o vicini, quando in essi esistano analoghe condizioni ambientali, gli stessi vitigni e siano praticate le medesime tecniche colturali ed i vini prodotti in tali aree abbiano uguali caratteristiche chimico-fisiche ed organolettiche. Soltanto le denominazioni di origine possono prevedere al loro interno l’indicazione di zone espressamente delimitate, comunemente denominate sottozone, che devono avere peculiarità ambientali o tradizionalmente note, essere designate con uno specifico nome geografico, storico-geografico o amministrativo, devono essere espressamente previste nel disciplinare di produzione ed essere più rigidamente disciplinate. Nei disciplinari di produzione dei vini DOP e IGP e, quindi, anche DOC e DOCG – giusta loro apprensione nella categorie delle denominazioni di origine protette – devono essere stabiliti: a) la denominazione di origine o indicazione geografica; b) la delimitazione della zona di produzione; c) la descrizione delle caratteristiche fisico-chimiche ed organolettiche del vino o dei vini ed, in particolare, il titolo alcolometrico volumico minimo richiesto al consumo e il titolo alcolometrico volumico minimo naturale potenziale delle uve alla vendemmia; d) la resa massima di uva e di vino ad ettaro, sulla base dei risultati quantitativi e qualitativi del quinquennio precedente. Inoltre i vini DOCG e DOC devono obbligatoriamente indicare in etichetta l’annata di produzione delle uve. In conclusione riportiamo alcuni casi noti di denominazione d’origine. In particolare, la prima denominazione di origine riconosciuta, risalente al 1966, è stata la Vernaccia di San Gimignano, mentre le prime DOCG sono state il Brunello di Montalcino, il Barolo e il Vino Nobile di Montepulciano entrate in vigore rispettivamente il 15.11.1980, il 22.1.1981 e il 17.2.1981.

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