Aldo Fittante, Avvocato – Fittante Studio Legale, Firenze – Bruxelles
Pronunciandosi sul concetto di valore artistico, ed in particolare sul tema della relativa dimostrazione in giudizio – prova interamente demandata alla parte che rivendica la protezione autorale – la Cassazione, pienamente consapevole della portata puramente concettuale del presupposto de quo, ha ritenuto che si tratti di un accertamento che l’interprete deve effettuare caso per caso, opportunamente individuando tuttavia una serie di parametri da ritenersi sintomatici della sussistenza del discusso presupposto.
I Giudici della Suprema Corte, compiendo una ricognizione dei parametri adottati dalla giurisprudenza di merito, registrano la tendenza dei nostri Giudici a valorizzare l’idoneità a suscitare emozioni estetiche, sulla base di una valutazione imperniata sull’accertamento della maggiore creatività o originalità delle forme rispetto a quelle normalmente riscontrabili nei prodotti similari presenti sul mercato e che trascenda dalla funzionalità pratica del bene per assumere una propria autonoma e distinta rilevanza.
Partendo da tale dato – e nella consapevolezza dei limiti di un accertamento che rischia di fondarsi su componenti soggettive inevitabilmente influenzate dal senso estetico di chi effettua la valutazione, dalla sua cultura, dalla sua sensibilità artistica, dal suo gusto, dal suo sistema percettivo e quant’altro – la Suprema Corte ha ritenuto necessaria l’individuazione di parametri maggiormente oggettivi che, corroborando e dando consistenza alle impressioni soggettive, possano consentire di uniformare l’orientamento degli interpreti chiamati a saggiare nelle singole fattispecie la presenza o meno del “valore artistico di per sé” dell’opera del disegno industriale in ipotesi rivendicata.
In tal senso il Giudice di legittimità ha ritenuto che il criterio più rilevante sia quello del riconoscimento che l’oggetto di design ha ricevuto da parte degli ambienti culturali ed
istituzionali circa la sussistenza di qualità estetiche ed artistiche che consentano di attribuire a detto oggetto un valore ed un significato che trascende quello della sua stretta funzionalità e della mera eleganza e gradevolezza delle forme.
Le circostanze che evidenziano siffatto riconoscimento – ha precisato la Cassazione – possono essere, tra l’altro, l’esposizione dell’opera in mostre o in musei, la pubblicazione su riviste specializzate non a carattere commerciale, la partecipazione a manifestazioni artistiche, l’attribuzione di premi, gli articoli di critici esperti del settore e quant’altro possa evidenziare l’attribuzione all’opera dell’industrial design in ipotesi contestata di un riconoscimento ad opera degli ambienti interessati.
In tale contesto ulteriore elemento che può evidenziare il carattere artistico, ha aggiunto la Suprema Corte, può essere costituito anche dalla circostanza che un’opera di design industriale divenga oggetto di vendita nel mercato artistico e non già in quello puramente commerciale oppure che in quest’ultimo mercato l’opera acquisti un valore particolarmente elevato evidenziando come al valore puramente commerciale si sia aggiunto nella valutazione del pubblico anche quello artistico.
I più precisi confini tracciati dal Supremo Collegio rispetto ad una protezione – quella delle opere del disegno industriale mediante il ricorso alla tutela per diritto d’autore – in passato alquanto discussa, aprono nuovi scenari di indiscussa rilevanza sia sul piano scientifico sia sotto il profilo più strettamente pratico-applicativo.
I vantaggi del ricorso alla tutela autorale – svincolata da formalità costitutive e conseguenti oneri di attivazione e di durata estesa a tutta la vita dell’autore e settant’anni dopo la sua morte (a fronte dei 25 anni di durata massima della esclusiva che consegue alla registrazione della forma di un prodotto per disegno o modello) – costituiscono una grande opportunità per le fortunate imprese detentrici di opere di design tali da assurgere all’altezza artistica individuata dalla Corte di Cassazione.
Tra di esse, nella mia esperienza professionale, posso citare la gloriosa Azienda toscana Giovannetti Collezioni d’Arredamento operante da decenni, a livello internazionale, nella progettazione, produzione e commercializzazione di oggetti di alto design, destinati all’arredamento d’interni.
Tra le creazioni storicamente di maggior successo della Giovannetti Collezioni d’Arredamento S.r.l. spicca l’opera costituita dalla linea di poltrone denominata “Ancella”: tali poltrone – che si contraddistinguono in particolare per l’originalissima forma ad appendiabiti dello schienale e per l’appoggio collocato nella parte posteriore dello schienale stesso – costituiscono opera realizzata dal celebre designer Mauro Lovi su specifico incarico dell’Azienda e vengono pubblicizzate, prodotte e commercializzate dalla Giovannetti sin dal lontano 1995, con enorme successo sia in Europa che in America ed Asia.
Sulla base di quanto sopra la Giovannetti Collezioni d’Arredamento – con il patrocinio dello scrivente avvocato – ha azionato con successo la tutela per diritto d’autore sulla propria linea di poltrone denominata “Ancella” nei confronti di diversi operatori economici che riproducevano copie non autorizzate dell’opera in questione.
Il valore artistico del celebre arredo della Giovannetti è stato in particolare rivendicato fondandosi sul fatto che la linea “Ancella” è divenuta negli anni vero e proprio prodotto simbolo dell’Azienda e della sua prestigiosa produzione, come testimoniato dalla sua presentazione in numerose manifestazioni dedicate al design in Italia ed all’Estero, dal suo impiego negli allestimenti di importanti set e programmi televisivi di grande successo nelle reti nazionali, dalle numerosissime recensioni dedicate al prodotto in questione apparse nelle riviste dedicate all’industrial design e nei quotidiani di maggior rilievo a livello nazionale.
Su questa base le numerose aziende diffidate dallo scrivente – che ha contestato loro la produzione e/o commercializzazione di riedizioni del prodotto de quo illecite perché in violazione del dirittod’autore della Giovannetti – sono state indotte a miti consigli, accettando di assumere l’impegno formale di cessare immediatamente dall’attività contestata con previsione del pagamento di una congrua penale per ogni esemplare di prodotto contraffatto la cui produzione o commercializzazione venga successivamente constatata.