Astrid Wiedersich Avena e Elio De Tullio, Avvocati  –  De Tullio & Partners, Roma

In un periodo di crisi come quello che stiamo attraversando, il settore della produzione e commercializzazione di prodotti agroalimentari di qualità costituisce un’eccezione nel panorama italiano ed europeo. Le esportazioni di tali prodotti in paesi extra UE, infatti, è in costante aumento, e anche oltreoceano si è ormai avviato un processo di sempre maggiore apprezzamento di tali prodotti e di avvicinamento dei gusti locali a quelli dei consumatori europei. Indagini di mercato hanno poi rivelato come un uso coerente e diffuso dei segni distintivi e un controllo di qualità dei prodotti tipici abbia un ruolo centrale nella commercializzazione degli stessi. Sotto il profilo della protezione, il modello comunitario delle DOP e IGP, introdotto con il Reg.CE 2081/1992, riformato dal Reg.CE 510/2006 recentemente abrogato dal Reg.CE 1151/2012 sui regimi di qualità dei prodotti agricoli e alimentari attualmente in vigore, rappresenta uno dei sistemi più garantisti per i prodotti agroalimentari di qualità, in quanto assicura loro una speciale forma di tutela. Tale sistema, tanto valido in ambito comunitario per proteggere questi prodotti rispetto a possibili imitazioni o contraffazioni, incontra dei limiti al di fuori dell’Unione Europea, dove non sempre è facilmente azionabile. Attualmente, al fine di garantire un adeguato livello di protezione nei paesi extra UE, è possibile considerare soluzioni alternative. È possibile registrare, ad esempio, la DOP/IGP nel registro multilaterale gestito dal WIPO sulla base dell’Accordo di Lisbona, permettendo di ottenere una protezione nei paesi che hanno aderito a tale Accordo internazionale. Attualmente sono membri dell’Accordo di Lisbona 27 paesi, tra cui Israele, Messico, Perù e Tunisia. Tuttavia, alcuni paesi strategici per l’esportazione di prodotti agroalimentari di qualità (come Cina, Canada e Stati Uniti) non hanno ancora aderito a tale convenzione, rendendo, di fatto, l’Accordo di Lisbona una strada poco praticata dai principali operatori. Un’altra possibile soluzione è la protezione attraverso la registrazione di un corrispondente marchio di certificazione e/o collettivo, a livello internazionale (sulla base del Sistema di Madrid) ovvero nazionale estero (per il tramite del deposito di domande locali). Lo svolgimento di tali attività di protezione non è esente da ostacoli, rischi e complicazioni, che – se non accuratamente valutati e considerati prima dell’avvio delle relative attività – comportano nella maggior parte dei casi incertezza negli esiti e incremento dei costi delle procedure, nonché allungamento dei tempi per l’ottenimento delle registrazioni. Il Consorzio Tutela Provolone Valpadana, a seguito di un iter durato circa due anni, è riuscito in Argentina a superare un’obiezione alla registrazione del proprio marchio  in classe 29, proposta dal Centro De La Industria Lechera presso l’Instituto National de la Propiedad Industrial sulla base della presunta genericità del termine Provolone, e ad ottenere la relativa registrazione. In ogni caso un’adeguata strategia di tutela nei paesi extra UE, sia mediante il Sistema dell’Accordo di Lisbona che attraverso la registrazione di marchi collettivi e/o di certificazione, può incrementare la riconoscibilità, da parte dei consumatori stranieri, dei prodotti agroalimentari di qualità e rafforzarne la tutelabilità a livello mondiale. Ad esempio, le attività di protezione nei paesi extra UE – avviate negli anni ’90 e implementate negli ultimi anni – a tutela dei diversi marchi che contraddistinguono il formaggio Taleggio (oltre alla DOP Taleggio, anche il marchio apposto sulla confezione  e quello apposto sulla crosta del formaggio  ) hanno consentito al Consorzio Tutela Taleggio di avviare e concludere con successo una serie di azioni di tutela del marchio, tra cui recentemente quella che ha portato alla decisione sulla riassegnazione al Consorzio del nome di dominio taleggio.org. Recentemente, poi, in Colombia la locale Superintendencia de Industria y Comercio, su istanza del Consorzio Tutela Provolone Valpadana, non ha consentito la registrazione del marchio Valpadana in classe 29 da parte di un produttore ecuadoregno non autorizzato, in base all’assunto che la DOP Provolone Valpadana – iscritta peraltro nel registro multilaterale di Lisbona – era notoria ai consumatori nazionali come tale, e che, pertanto, gli stessi avrebbero potuto essere indotti in confusione dall’utilizzo di un marchio simile da parte di un soggetto non all’uopo autorizzato. La riconoscibilità da parte dei consumatori di una denominazione d’origine, in quanto indicatore di provenienza da una determinata zona geografica, osta inoltre all’affermazione che la stessa indichi un termine generico non proteggibile. Pertanto, il perseguimento di adeguate e strutturate strategie transfrontaliere, anticipate e pluriennali, per la protezione dei prodotti agroalimentari di qualità è di fondamentale importanza per la difesa dei diritti degli operatori e la tutela dei consumatori.

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