Simona Cazzaniga, Avvocato, Studio Legale Sutti, Milano

La liquidazione del danno emergente da tarnishment – annacquamento o corrosionedegli asset IP è uno dei punti più controversi del diritto industriale. Il problema raggiunge l’apice al momento di stabilire la “svalutazione” dell’asset. Qualunque sia la nazione o il sistema giudiziario, la misurazione monetaria del risarcimento è un compito assai difficoltoso.

Nella maggior parte dei casi, l’assenza di una misura diretta della svalutazione degli asset IP è immediatamente evidente: il problema sembra essere la mancanza di un criterio di quantificazione legalmente accettabile.

I danni “punitivi”, per lo più stabiliti in proporzione al lucro cessante o all’utile retrovertibile del contraffattore, si limitano a lenire l’esigenza di uno specifico risarcimento. Le valutazioni equitative basate sui costi di R&D o di marketing rappresentano un tentativo verso una possibile soluzione, ma ugualmente evitano un approccio diretto al problema.

Ma il criterio contabile utile allo scopo esiste ed è quello costantemente e normalmente applicato ogni qual volta si debba svalutare o rivalutare asset seguendo le regole chiare e concrete delle US GAAP (Generally Accepted Accounting Principles) negli USA e degli IFRS (International Financial Reporting Standards) nell’EU e nel resto del mondo, la cui violazione comporta responsabilità civili e penali nelle cause relative all’informativa economica societaria.

Per quale motivo l’identico problema in una causa IP dovrebbe essere trattato in modo differente?

Il Tribunale di Milano ha individuato la soluzione per la quantificazione del danno emergente conseguente all’annacquamento di un asset IP, proprio utilizzando i “Principi Contabili Internazionali” IFRS, ritenuti criteri di calcolo legalmente accettabili.

La sentenza n. 7432/2015, “Flou vs. Mondo Convenienza + 11” (Sezione specializzata in materia di Impresa “A”, Presidente Marina Tavassi), ha così disposto un risarcimento milionario di quasi 3,5 milioni di euro   alla Flou per la violazione dei diritti d’autore sul letto “Nathalie”, progettato dal Maestro Vico Magistretti. Quanto sopra oltre ai provvedimenti di inibitoria, ritiro dal commercio, distruzione dei prodotti contraffattori, pubblicazione della sentenza e penali in caso di inottemperanza o ritardi nell’adempiere.

Nel merito è stato accertato e dichiarato che il letto “Nathalie” – opera dell’industrial design mai registrata – è tutelabile ai sensi dell’art. 2, n. 10, LdA; è stato escluso che le convenute potessero beneficiare del regime transitorio ai sensi dell’art. 239 CPI e che comunque l’attuale versione di quest’ultimo vada disapplicata perché in contrasto con il diritto europeo e  con quanto statuito dalla Corte di Giustizia; è stata  esclusa la tutela come marchio di forma non registrato in quanto proprio quella forma conferisce valore sostanziale al prodotto. Sono comunque state condannate le convenute per contraffazione ai sensi dell’art. 158 LdA secondo comma, ritenendo assorbite le domande di concorrenza sleale formulate da parte attrice.

La peculiarità di questa sentenza può rinvenirsi nel fatto che –  attraverso una consulenza tecnico-contabile completa ed accurata, attenta anche al profilo degli asset aziendali e dell’immagine dell’impresa, come quella in questo caso affidata al Dr. Andrea Vestita –  i risarcimenti significativi arrivano, nonostante in Italia si creda che questi debbano essere sempre e solo simbolici.

La logica è tutto sommato semplice. In base agli IFRS, ogni anno le società devono effettuare il cd. Impairment test dei propri asset, definito come il processo di eliminazione dei valori di bilancio privi di ragionevole base economica (IFRS 36). Il Tribunale di Milano ha sentenziato che, se una violazione di privativa è tale da causare una potenziale svalutazione del valore di bilancio del corrispondente asset, questa può essere considerata una misura legalmente accettabile del danno emergente da annacquamento.

Le società devono eseguire l’Impairment test dei propri asset almeno in occasione di ogni bilancio d’esercizio, quantificandone il c.d. recoverable amount (valore recuperabile) e comparandolo poi col c.d. book value (valore contabile).

Il recoverable amount di un asset è definito come il più alto fra il corrispettivo al quale un’attività può essere scambiata, o una passività estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in una transazione tra terzi indipendenti alla data di misurazione (il c.d. fair value) e il valore attuale netto dei flussi di cassa – o altri benefici economici – che un asset genera per uno specifico proprietario secondo uno specifico uso” (il c.d. value in use).

Il book value di un asset è definito come l’ultimo valore storico iscritto nei libri contabili il quale, nella maggior parte dei casi, coincide col valore iscritto nell’ultimo bilancio d’esercizio.

Da ultimo, il recoverable amount dell’asset deve essere comparato col suo book value, perché quest’ultimo, se maggiore, deve essere svalutato sino a pareggio col primo, così da eliminare dal bilancio i valori privi di ragionevole base economica.

La quantificazione del recoverable amount e l’esecuzione dell’Impairment test sono obblighi standard nella vita delle società, strettamente regolati sia dagli IFRS che dagli US GAAP in modo sostanzialmente identico, quanto meno per ciò che riguarda gli asset IP.

Il Tribunale di Milano ha pertanto stabilito che il danno emergente da annacquamento è misurabile mediante un caso particolare di una procedura (legale) standard degli IFRS in misura pari alla svalutazione da effettuarsi a seguito di Impairment test fra valori ante e post infringement dell’asset IP, assumendo che il book value pre-violazione coincida col suo recoverable amount al medesimo periodo. In altre parole, il danno emergente può essere liquidato in misura pari alla differenza tra i recoverable amount dell’asset IP ante e post infringement.

Detta quantificazione potrebbe essere azionabile in molti Paesi che riconoscano il danno emergente da annacquamento degli asset IP, in quanto IFRS e US GAAP hanno una rilevanza legale pressoché mondiale.

Gli IFRS sono stati recepiti in Regolamenti UE sin dai primi anni ’90, cosicché hanno valore di legge in tutta l’Unione. Negli USA, gli US GAAP hanno grosso modo la medesima forza legale degli IFRS in Europa quanto meno per le valutazioni relative agli asset IP rilevanti nelle cause di lesione della privativa.

Si auspica quindi che l’approccio seguito dal Tribunale di Milano si consolidi, considerando anche che US GAAP e IFRS, negli ultimi anni, hanno intrapreso un percorso di convergenza (non sempre lineare) verso un’unica comune struttura di principi contabili. Tale obbiettivo, ancorché non completamente acquisito, sembra raggiungibile in un ragionevole lasso di tempo.

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