Giorgio Gazzola, European and Italian Trademark and Design Attorney Jaumann S.a.s. di P. Jaumann & C. , Milano

Una nostra cliente, che chiameremo “Alfa”, nota azienda di moda titolare del marchio “Gamma”, viene a conoscenza della promozione e della vendita, da parte della società “Beta”, di propri capi delle stagioni passate, commercializzati a prezzi molto ridotti rispetto al loro valore di mercato. Beta ha promosso la svendita attraverso una newsletter diffusa nella rete internet, in cui il marchio Gamma, riprodotto con la stessa caratterizzazione grafica utilizzata da Alfa, è posto in primo piano ed affiancato ad altri marchi di prodotti appartenenti ad un diverso settore commerciale. Alfa, che sta investendo ingenti risorse per la promozione del marchio Gamma, è molto infastidita dalle newsletter di Beta e dalle vendite sottocosto dei propri prodotti, attività a suo parere lesive della propria immagine commerciale e in contrasto con il messaggio di stile ed eleganza veicolato dall’attuale campagna pubblicitaria. Alfa ci chiede, quindi, un parere in merito alle possibili azioni da esperire per vietare a Beta di promuovere e vendere sottocosto i prodotti a marchio Gamma. La questione sottende diversi aspetti del diritto industriale, primo fra tutti il principio dell’esaurimento comunitario (Art. 5 CPI), in base al quale le facoltà esclusive attribuite al titolare del marchio si esauriscono una volta che i prodotti protetti dal marchio vengono messi in commercio dal titolare o con il suo consenso nel territorio di uno Stato membro dell’Unione Europea. In deroga a tale principio, l’esaurimento del diritto non sussiste qualora vi siano “motivi legittimi” affinché il titolare si opponga alla rivendita dei prodotti. Pertanto, il terzo che acquista un prodotto messo in commercio dal titolare o da un suo avente causa, può liberamente rivenderlo in qualsiasi paese dell’Unione, a patto che, appunto, il titolare possa far valere i “motivi legittimi” previsti dalla norma. Un primo legittimo motivo consiste, ad esempio, nella violazione di accordi di distribuzione selettiva: la commercializzazione di prodotti recanti un determinato marchio, che il produttore ha espressamente qualificato come attività condotta attraverso un sistema di distribuzione selettiva, configura un atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art 2598, n.3 (Trib. Palermo sez. Imprese, Ord. 01-03-2013). Il principio dell’esaurimento viene meno anche quando la rivendita causa nocumento al marchio stesso; in particolare, nel caso in cui un prodotto del settore lusso recante un marchio celebre venga pubblicizzato insieme ad articoli di uso domestico (si veda Copad c. Christian Dior couture – 23.4.2009, C-59/08). Nel caso ora in esame, Alfa non ha sottoscritto alcun accordo di distribuzione selettiva, ma pensiamo che l’accostamento del marchio Gamma a prodotti di un diverso settore merceologico, che non è in linea con l’immagine commerciale del marchio, sia lesivo del messaggio trasmesso ai consumatori da Alfa attraverso una intensa e costosa campagna promozionale. La questione, però, tocca anche un altro aspetto del diritto, ovvero le limitazioni del diritto di marchio a fronte dell’uso dello stesso in funzione descrittiva (Art. 21 CPI). Nello specifico, il diritto di Alfa di fare uso esclusivo del marchio (art. 20 CPI) deve corrispondere al diritto di Beta di utilizzarlo in maniera lecita (art. 21). Per “uso lecito” si deve intendere il rispetto dei principi della correttezza professionale, nel senso di non compromettere il prestigio del marchio stesso e non ingenerare rischio di confusione per il pubblico. Tutto ciò premesso, nel caso di cui si tratta, l’uso del segno da parte di Beta non deve dare l’impressione che esista un legame tra quest’ultima e Alfa e, allo stesso tempo, non deve compromettere il valore del marchio o trarre un indebito vantaggio dalla sua notorietà (C-63/97, BMW). Pertanto, si deve valutare se la riproduzione del marchio, completo della sua caratterizzazione grafica e posizionato all’inizio della newsletter, sia in grado di svolgere la funzione tipica di “collettore di clientela” e di procurare un indebito vantaggio in capo a Beta. Inoltre, l’attività di promozione e la vendita, soprattutto se sottocosto, possono essere rilevanti anche ai sensi della tutela del consumatore prevista dal Codice del Consumo, aspetti che non dovrebbero essere sottovalutati, ma per i quali è opportuna una separata trattazione, anche alla luce delle numerose decisioni rese dal Garante in materia.

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