Silvia Magelli, Avvocato – Studio Legale Magelli, Docente Università di Parma

Nel territorio di Parma gli operatori dell’agroalimentare hanno sviluppato la lavorazione di prodotti alimentari di particolare pregio (prodotti tipici con tutele IGP e DOP) e prodotti standardizzati di grande notorietà, pregio e innovazione (tanto che gravi disavventure finanziarie non hanno travolto). La notorietà acquisita con alcuni prodotti ben riusciti per gusto, genuinità e proprietà organolettiche (Prosciutto di Parma, Parmigiano Reggiano) e con prodotti diversi non tradizionali legati a Parma hanno affermato il nome anche in mercati preclusi a prodotti come il prosciutto ma raggiungibili con biscotti e yogurt. Le sinergie di aziende di prodotti alimentari e di impianti per produrli hanno consolidato e rafforzato il nome e una pubblicità raffinata con patrimonio artistico culturale ha contribuito al fascino comunicando un appeal di “buono” e una tradizione culturale di buon livello. Il nome Parma nel settore agroalimentare ora gode di una certa notorietà tanto che spesso la difesa è necessaria: infatti è sorto un parassitismo subdolo volto a sfruttarne la credibilità e l’attrattività con grave danno per le aziende del territorio.
E’ così nato Parmalimentare ente e marchio per valorizzare e difendere i beni prodotti dall’economia alimentare della provincia di Parma. E l’iniziativa è risultata una difesa preziosa per la tutela del valore collettivo del nome. Un caso felicemente conclusosi è significativo e deve essere citato. E’ stato riconosciuto illecito il comportamento di una impresa alimentare che aveva registrato ed utilizzava marchi figurativi con la scritta “ALIPARMA” per prodotti alimentari eterogenei per provenienza e caratteristiche. La pretesa di tale impresa era fondata, a suo dire, sul fatto che i prodotti che commercializzava non erano quelli “tipici” del territorio parmense, era indicato il luogo di confezionamento (diverso da Parma come quello di produzione), il prefisso “ALI” era descrittivo del settore “alimentare”, non era in concorrenza con Parmalimentare. Riconosciuta la legittimazione ad agire di Parmalimentare per interesse a reprimere l’uso decettivo del marchio Aliparma, è stato affermato che un’illegittima “attitudine decettiva” può essere ravvisata ogni qualvolta si vuole utilizzare un nome geografico allo scopo di “lucrare” indebitamente l’evocazione suggestiva di elementi riconducibili alla località stessa, che però risultano estranei al prodotto, il quale viene così contraddistinto in modo “mendace” suscettibile di creare disorientamento nel pubblico circa la qualità e la provenienza del prodotto. In casi del genere il “messaggio” che ne deriva prescinde dalla funzione di identificare correttamente uno specifico prodotto offerto al pubblico mirando piuttosto ad arricchire il “segno” attraverso un contenuto merceologico inesistente, in quanto capace di determinare una scelta distorta da parte della potenziale clientela e il meccanismo illecito dell’azienda emergeva dalla volontà di accreditarsi presso il pubblico come portatrice di un background riconducibile al territorio parmense che reputava effettivamente prestigioso. Stante la finalità “ingannatoria” sottostante alla scelta della denominazione utilizzata quale strumento per una pratica commerciale illecita è conseguita la nullità di tutti i marchi che contenevano la parola “Aliparma” da sola o con altri elementi con divieto di uso (App. Bologna n. 1702/2013). Con segni simili vi era rischio di confusione per il pubblico posto che i settori merceologici potevano dirsi “affini” rispetto al contenuto dei “bisogni mediati” che erano diretti a soddisfare. Tale tutela è preziosa perché le modalità di abituale promozione dei prodotti attraverso internet consentono di raggiungere fasce di consumatori estranei alla conoscenza del legame tra molti prodotti e il know how del territorio che li ha generati. L’aggancio parassitario alla specificità di un distretto appare illegittimo e la tutela fondata ed effettiva ex artt. 20 e 122 CPI e 2601 cod. civ..

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