Eugenia Alari Ghigi, Consulente in marchi e design, Studio Premru – Monza

E’ ormai noto che una forma di pirateria informatica molto sofisticata è il così detto “cybersquatting” o “domain squatting” o “domain grabbing”. I termini prendono origine dalla parola inglese squatting, che vuol dire occupare e, traslato in ambito informatico, indica l’occupazione di spazi virtuali, ossia domini web.

Quando il legittimo titolare del marchio si accorge che il dominio è occupato, il cyber squatter è pronto a vendere, naturalmente a prezzi esorbitanti.

Il caso pratico che andremo a trattare è estremamente significativo perché mette in luce le modalità operative dei soggetti che operano sistematicamente sul web a danno degli imprenditori.

L’azienda coinvolta è una prestigiosa azienda italiana, la SMP di Sfrecola Gianluca & C. (in breve SMP) di Barletta, nota da anni per la produzione di sacchi a rotolo per nettezza e raccolta differenziata, sia a livello italiano che estero.

SMP, molto attenta alla tutela dei propri marchi, aveva adottato il marchio SHOPPY per contraddistinguere una linea di sacchi con manici in polietilene rigenerato da scarti industriali e questo era divenuto un marchio particolarmente noto. Considerando che il nome a dominio è equiparato dalla legislazione vigente ai segni distintivi dell’azienda e quindi anche ai marchi SMP, nel febbraio del 2013 – pochi giorni aver depositato una domanda di marchio SHOPPY – il titolare si accingeva a richiedere il nome a dominio SHOPPY.IT accorgendosi tuttavia che il dominio era già stato registrato da altro soggetto.

A seguito di verifiche, si appurava che il titolare di www.shoppy.it risultava proprietario di ben 11.600 domini con estensione .it alcuni dei quali relativi a marchi o a nomi noti come ad esempio AMAZON, MARA VENIER, MAX BIAGGI, VINO BAROLO.

Dai dati tecnici del dominio, appariva che www.shoppy.it era stato richiesto tramite un’organizzazione svizzera che si occupa di vendita di domini ai professional domainers. Il technical contact , tramite le diciture buy.internetraffic.com e sell.internetraffic.com, indicava chiaramente che il dominio era in vendita.

Era chiaro che ci si trovava di fronte ad un domain grabber organizzato a monitorare le richieste di marchi, meglio se conosciuti, in modo da far leva sull’interesse del titolare del marchio ad intavolare una trattativa per l’acquisto.

Nel caso di specie vi erano tutti i requisiti di legge per poter richiedere il trasferimento del dominio. Il dominio www.shoppy.it era infatti identico al marchio SHOPPY, le modalità di utilizzo del dominio potevano creare confusione fra il pubblico di riferimento e tali modalità provavano che la richiesta era stata effettuata in mala fede.

Veniva quindi introdotta la procedura amministrativa per il trasferimento, detta “riassegnazione”, terminata poi positivamente con il trasferimento del dominio a SMP.

Appena introdotta la procedura di trasferimento il technical contact veniva variato in “bid for your premiun domain name” che tradotto in italiano significa “fai un’offerta per il tuo premium domain name” (per “premium domain” si intende un dominio che potenzialmente può realizzare un buon introito). Questi elementi erano importanti, ma non sufficienti a provare l’elemento più delicato da provare, la mala fede, ovvero la volontà del soggetto ad accaparrarsi dolosamente del marchio altrui.

Nel caso specifico, tuttavia, non potevano esservi dubbi. Il sito corrispondente al dominio www.shoppy.it, infatti, era composto da una sola pagina attiva (la home page) nella quale erano presenti link pubblicitari, generati automaticamente dal programma Google AdSense, un programma gratuito che consente ai titolari di siti web di guadagnare ogni volta che un utente si collega e clicca su un annuncio o su una inserzione pubblicitaria (il più delle volte fasulle). Il cyber squatter in questo caso non solo si appropriava di un dominio corrispondente a un marchio altrui per una eventuale vendita ma, nel frattempo, guadagnava ogni volta che un utente si collegava e cliccava su qualunque link.

Il comportamento rilevato in questo caso è tipico del domain grabbing (o cybersquatting), caratterizzato da una condotta doppiamente fraudolenta: un guadagno potenziale nel caso di vendita del dominio – anche molto proficuo in caso di trattative ben condotte – nel caso in cui, invece, il dominio non venga mai richiesto – o comunque nelle more di una eventuale richiesta – viene realizzato un guadagno su ciascun accesso al sito da qualunque utente internet.

Il caso di SMP purtroppo non è isolato e si inserisce in uno scenario sempre più frequente di contraffazione sul web. L’imprenditore di oggi quindi deve sempre più tenere monitorato il panorama di internet, luogo virtuale di grandi opportunità sia lecite che ….. illecite.

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