Laura Turini, Avvocato e Consulente in Proprietà Industriale – Studio Turini, Firenze

Il Tribunale di Firenze in una recente e ben motivata ordinanza collegiale (ord. 12.11.2012) ha riconosciuto che il proprietario di un castello abbia pieno ed esclusivo diritto di usare il nome del castello come marchio e possa quindi opporsi all’uso che altri ne facciano senza il suo consenso.

Nel caso di specie la Fattoria attigua al castello aveva registrato il marchio “Castello X” e pretendeva di usarlo sia per la vendita di vini sia per attività ricreative ed organizzazione di eventi. Il nuovo proprietario del castello, accortosi dell’avvenuta registrazione, ha adito il Tribunale per chiedere che fosse dichiarata l’inibitoria dell’uso del marchio e poi, nel successivo giudizio di merito, che ne fosse accertata la nullità ai sensi dell’art. 14, lettera c) del Codice Proprietà Industriale (CPI).

Il Tribunale ha ritenuto “come fra i segni il cui uso costituirebbe violazione di altro diritto esclusivo di terzi che osterebbe alla loro registrazione come marchio d’impresa (art. 14, comma 1, lett. c) CPI) vi sia anche la rappresentazione, mediante il richiamo del nome e dell’iconografia, dei beni di proprietà altrui. L’esclusiva e l’ampiezza del diritto di proprietà consentono infatti al titolare di sfruttarne denominazione ed immagine quali segni pubblicitari e di impedirne ad altri di farne uso senza consenso del titolare medesimo. (…). La potenziale illimitata durata nel tempo del diritto di proprietà non determina per altro effetti anomali, in quanto anche nel conflitto fra segni distintivi registrati, dei quali il secondo si assuma contraffazione del primo, la durata del diritto per cui si invoca tutela è potenzialmente illimitata nel tempo.”

L’articolo 14, 1, lett. c) CPI dispone che: “Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio di impresa i segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi”.  Identico principio si rinviene nell’art. 21, 2, CPI che, nel disciplinare le limitazioni al diritto di marchio, dispone: “Non è consentito usare il marchio in modo contrario alla legge, né, in specie, …in modo da ledere un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro diritto esclusivo di terzi”. 

La pienezza e l’esclusività del godimento di un bene ai sensi dell’art. 832 Codice civile (c.c.) devono includere il diritto erga omnes di controllare lo sfruttamento economico dell’immagine visiva e del nome della cosa in quanto se così non fosse si giungerebbe alla conclusione paradossale di riconoscere l’esistenza di diritti di sfruttamento economico della cosa in capo a terzi non autorizzati dal proprietario.

Secondo un recente orientamento il deposito del marchio da parte di un soggetto non autorizzato può inoltre integrare l’ipotesi di violazione del diritto al nome ed all’immagine di cui agli articoli 6, 7 e 10 del c.c. che si estendono anche alle persone giuridiche (Corte Cass. n. 11592/02 e n. 15233/02).

Più in particolare, la Corte di Cassazione con sentenza 18218/09 ha individuato nell’indebita utilizzazione della denominazione e dell’immagine di un bene un’ipotesi di violazione del diritto al nome ed all’immagine ed ha stabilito che la società titolare del diritto di sfruttamento economico di un’imbarcazione ha diritto ad agire per l’indebito sfruttamento dell’immagine dell’imbarcazione stessa. La Corte di Cassazione ha riconosciuto che: “La tutela che compete ai soggetti che sull’imbarcazione medesima possono vantare dei diritti riguarda quindi sia l’immagine, sia il nome, in quanto entrambi possono essere veicolo di comunicazione, nei settori specializzati come presso il grande pubblico, che recepisce i messaggi pubblicitari convogliati tramite l’immagine e il nome della barca. Quest’ultimo poi può essere oggetto di fenomeni allargati tramite il cd. merchandising ed assurgere a marchio di prodotti più o meno affini al settore della nautica” e che, alla luce di ciò, “…tale tipologia di libera contrattazione risulterebbe indubbiamente pregiudicata se si consentisse a chiunque di appropriarsi dell’immagine e del nome dell’imbarcazione, a scopi pubblicitari, senza ottenere il consenso degli aventi diritto e senza pagare quelle “royalties” che normalmente sono dovute per simile utilizzo”.

La decisione del Tribunale di Firenze – che ha affermato che l’uso del marchio da parte della Fattoria è avvenuto in violazione dei diritti di proprietà e ne ha ordinato l’inibitoria, allo stato, per le classi di servizi in conflitto con gli interessi della ricorrente – si pone quindi sulla stessa linea interpretativa della Suprema Corte.

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