Alessio Canova, Trademark Attorney – GIAMBROCONO & C. Spa, Milano

Come noto, le Denominazioni d’Origine, genus cui appartiene la species delle DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), non sono propriamente “segni distintivi” al pari di marchio, ditta, insegna e nome a dominio.
Per quanto infatti esistano caratteri comuni con l’istituto del marchio collettivo, mentre quest’ultimo, così come tutti i marchi d’impresa in generale, fonda un vero e proprio diritto esclusivo, le Denominazioni d’Origine sono sì “protette” (tra i tanti, si veda articolo 29 CPI), ma comunque destinate ad essere potenzialmente utilizzate da tutti i soggetti in possesso di particolari requisiti.
Comune ai due istituti, marchio e D. O., è invece la caratteristica di fungere da indicatore della “provenienza” di un determinato bene o servizio.
Per i marchi veri e propri la c.d. “capacità distintiva” si traduce nell’attitudine “a distinguere i prodotti o i servizi di [“provenienti da”] un’impresa da quelli di [“provenienti da”] altre imprese” (articolo 7 CPI e, con le stesse identiche parole, articolo 4 REG. (CE) N. 207/2009 sul marchio comunitario). Si tratta della funzione tradizionalmente propria dei segni distintivi.
Viceversa per le Denominazioni d’Origine la “provenienza” è sempre e comunque di tipo “geografico”, ovvero relativa ad uno specifico paese, regione o località.
Detto altrimenti, mentre è normale che un marchio appartenga ad un soggetto privato che, con riferimento al segno registrato, agisce in regime monopolistico ed è in grado di esercitare uno ius excludendi omnes alios, dovrebbe essere altrettanto normale e tipico delle D. O. l’assenza di diritti esclusivi ed anzi una opposta libertà di utilizzo per tutti i soggetti in possesso dei necessari requisiti.
Quanto sopra è sicuramente vero con riferimento all’economia tradizionale, ma cessa invece di esserlo con riferimento al mondo Internet.
Basta infatti un controllo sui database WHOIS delle varie registration authorities per rendersi conto che i nomi a dominio corrispondenti (o comunque più prossimi) alle 73 DOGC ufficialmente riconosciute in Italia quasi sempre non appartengono al Consorzio cui è demandata la relativa tutela ma a soggetti privati che nulla hanno a che fare con l’ambito geografico di riferimento.
Senza analizzare casi specifici, lo scenario complessivo è abbastanza variegato e sconfortante: quasi tutti i domini di secondo livello con “estensione” (ccTLD) .IT sono registrati a nome di soggetti che sembrano semplicemente meri speculatori e non attualmente utilizzati in connessione di siti web attivi. Anzi, alcuni tra gli “assegnatari” sembrano aver specificamente preso di mira i domini corrispondenti alle DOGC.
Sia chiaro: la pratica appena descritta è, nell’attuale quadro normativo, perfettamente lecita. Infatti, non esistendo un soggetto che può vantare diritti esclusivi sulla DOGC, chiunque può materialmente registrarne il corrispondente dominio di secondo livello con il solo vincolo del rispetto del principio first come, first served.
La conseguenza pratica è tuttavia paradossale. Mentre, da un lato, l’ordinamento giuridico prevede l’esistenza di Denominazioni di Origine Controllata e Garantita che, in quanto D. O., sono anche “protette” e che dovrebbero essere liberamente utilizzabili da tutti i possessori di determinati requisiti, nel mondo Internet avviene invece che soggetti privati, quasi sempre scevri di alcuna connessione con l’ambito geografico di riferimento, abbiamo tecnicamente monopolizzato una DOCG con la registrazione del corrispondente nome a dominio di secondo livello.
Esiste una soluzione? Forse sì. Infatti, il “Regolamento di assegnazione e gestione dei nomi a dominio nel ccTLD .it” già prevede al punto 3.5 l’esistenza di alcuni nomi a dominio “riservati e assegnabili soltanto a specifiche categorie”, come ad esempio i domini corrispondenti alle regioni, alle province e ai comuni italiani (ad esempio: lazio.it, pisa.it, ecc.). Perché non includere in detto elenco anche le 73 DOCG riconosciute nel nostro Paese e fare in modo che il relativo dominio possa essere registrato ed utilizzato solo dal relativo Consorzio di tutela?

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