Silvia Magelli, Avvocato – Studio Legale Magelli,  Docente Università di Parma

  • Aziende collocate in un territorio che realizzano un tipo di prodotto apprezzato dai destinatari corrono il rischio che i concorrenti, con prodotti di qualità scadente, lo copino e ne sviliscano la reputazione.

Può essere importante, quindi, adottare adeguate protezioni a tutela del prodotto. Tra queste nel campo alimentare ha assunto importanza la protezione con l’indicazione dell’origine geografica: un segno distintivo che ha lo scopo di comunicare ai destinatari la presenza di certe caratteristiche e qualità dei prodotti. L’indicazione dell’origine geografica è, quindi, uno strumento di concorrenza importante e attuale per un mercato sempre più ampio. Per nome geografico si intende qualsiasi nome idoneo a indicare qualsiasi luogo piccolo o grande, purché geograficamente individuato. Nel settore alimentare il legislatore UE ha istituito due tipi di protezione: DOP e  IGP. Per la DOP (Denominazione di Origine Protetta), com’è noto, le qualità e le caratteristiche sono dovute essenzialmente ed esclusivamente all’ambiente geografico inteso come  comprensivo di fattori naturali e umani e si richiede che sia la produzione sia la trasformazione e l’elaborazione avvengano nell’area geografica delimitata. Per l’IGP (Indicazione Geografica Protetta), una qualità, una caratteristica, ma anche solo la reputazione è sufficiente per ottenere il diritto con la registrazione comunitaria. L’ordinamento giuridico italiano tutela le denominazioni di origine geografica con diverse disposizioni anche se non prevede una specifica registrazione come quella comunitaria. La tutela nazionale delle denominazioni di origine geografica, pertanto, coesiste con quella comunitaria coerentemente a quanto avviene per altri diritti di P.I. Infatti un equilibrio normativo tiene conto, da un lato, delle disposizioni esistenti, sia internazionali che nazionali, ma da un altro lato, anche delle realtà economiche commerciali dove esistono anche imprese che non operano su tutto il mercato comune, né almeno allo stato, possono essere costrette (e penalizzate) a farlo.

  • Il caso del “Salame Felino” è stato significativo. Felino è il nome di un antico e noto borgo della provincia di Parma con un bel castello. Il salame prodotto con ricetta nata nel luogo e rispettata nel tempo ha conquistato apprezzamento e notorietà e il nome inserito in riconoscimenti bilaterali internazionali. Ma la protezione senza registrazione era lasciata all’iniziativa dei Produttori della zona non essendo com’è noto, prevista registrazione per questi segni distintivi.

Con l’istituzione delle registrazioni comunitarie, tuttavia, la denominazione apprezzata di un luogo geografico così limitato (nel paese di Felino esteso solo fino alla provincia di Parma), ha risvegliato l’interesse della concorrenza che, in vari modi e sedi, ha cercato di impadronirsene. La mancanza di registrazione nazionale ha consentito comportamenti che, se non inibiti, avrebbero impedito ai Produttori di Parma di potere beneficiare del segno distintivo e di non ottenere la registrazione comunitaria come IGP. I comportamenti che determinavano il rischio della perdita della denominazione sono stati numerosi. Tra questi, vale la pena ricordare la formulazione di una cosiddetta “norma tecnica” che informava di come si fa ( o si può fare …) il Salame di Felino, poi il nome è stato trattato come fosse un aggettivo e oggetto di ironie varie (salame di gatto?). Al gruppo di Produttori rispettosi delle tradizioni non restava che scegliere tra rinunciare e perdere la denominazione geografica che sarebbe divenuta nome generico di un tipo di prodotto o difenderla avviando cause giudiziarie contro la banalizzazione, le ricette con ingredienti diversi, la pubblicità ingannevole, l’appropriazione di pregi. La difesa giudiziale da parte di un gruppo limitato di produttori di una provincia italiana ha consentito di conservare la denominazione geografica al comparto salumiero di quel territorio e garantire ai consumatori un buon prodotto tradizionale. La denominazione geografica, infatti, è stata felicemente registrata come IGP e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale UE il 6 marzo 2013 e sembra poter offrire, da un lato, uno sviluppo al settore, da un altro lato, rispondere all’interesse dei consumatori  e collettivo. Il frutto del lavoro di tanti anni ha così trovato protezione con il diritto comunitario che offre una tutela sicura dopo il vaglio delle giurisdizioni delle Sezioni Specializzate di Milano e Bologna in primo e secondo grado e della Corte di Giustizia UE.

In conclusione la tutela di prodotti tradizionali o ben riusciti, il cui successo nel settore alimentare è determinato dalla costanza qualitativa, può essere assicurata con segni distintivi legati, quando è possibile, all’origine geografica: l’iniziativa giudiziale in tal caso si rivela fondamentale.

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