Maria Mazzitelli, Avvocato of counsel Racheli Srl, Milano

Il caso oggetto della presente disamina, riguarda la necessità dell’uso conforme del marchio utilizzato, rispetto a quello registrato, ai fini del mantenimento in vita dei diritti di esclusiva. La fattispecie trae origine da una vertenza avente ad oggetto la contestazione dell’uso di un marchio generale del settore fashion, coincidente con la denominazione sociale del soggetto titolare, ritenuto non conforme rispetto alla registrazione. In particolare, nell’ambito del procedimento di opposizione di un marchio denominativo, registrato in caratteri comuni di stampa, per il quale erano già decorsi 5 anni dalla registrazione, come previsto dalla normativa applicabile al caso di specie, venivano richieste, dall’opposto all’opponente, le prove di uso effettivo del marchio in questione. L’opponente, nei termini accordati dall’Ufficio, provvedeva al deposito delle prove d’uso richieste e riferite al periodo di tempo quinquennale, decorrenti, a ritroso nel tempo, dalla data di pubblicazione della domanda di opposizione. Venivano depositati vari documenti attestanti l’uso del marchio in forma figurativa e non denominativa, quali: estratto del sito web, ove veniva evidenziata la storia del marchio dell’opponente, le sedi ove la società opponente era presente, la rete di distribuzione, i prodotti commercializzati, la lista dei clienti più rappresentativi, la partecipazione a fiere nazionali e internazionali, varie fatture emesse nel periodo di riferimento, attestanti la commercializzazione dei prodotti in diversi paesi dell’Unione Europea, un prospetto contabile sintetico riferito al volume d’affari, una serie di immagini relative alle etichette raffiguranti il marchio ed apposti sui prodotti, una rassegna di riviste di settore attestanti le iniziative promozionali inerenti al marchio.   Ebbene, la Divisione di Opposizione, sulla base del principio normativo secondo cui il marchio deve essere utilizzato nella forma in cui è stato registrato o comunque in una forma che non alteri il carattere distintivo del segno, così come registrato, esaminati i documenti ut supra riteneva che nessun documento potesse essere preso in considerazione, al fine di provare l’uso reale ed effettivo del marchio in contestazione. In particolare, la Divisione di Opposizione evidenziava che i vari documenti attestavano l’uso di un marchio la cui caratterizzazione tipografica, per l’alto grado di stilizzazione delle lettere, differiva enormemente dal carattere standard del marchio denominativo registrato tanto da alterarne il carattere distintivo. Secondo gli esaminatori, infatti, non si trattava di quelle variazione che, senza alterare il carattere distintivo del segno, consentono di adattarlo meglio alle esigenze di marketing e promozione dei prodotti o dei servizi contraddistinti. La Divisione di Opposizione rilevava poi, con riferimento alle fatture prodotte in atti che riportavano nella parte superiore la denominazione sociale, che la stessa non costituiva uso effettivo del marchio, ma avrebbe una diversa funzione rispetto a quella distintiva del marchio e cioè quella di identificare l’opponente. Veniva evidenziano, inoltre, che in nessuna fattura il marchio come registrato appariva nella sezione dove venivano descritti i prodotti commercializzati. La decisione veniva impugnata avanti alla Commissione dei Ricorsi e il ricorso è ancora pendente. Il caso in esame pone l’accento sulla tematica sempre attuale del restyling dei marchi, che interessa i vari settori produttivi, effettuato per esigenze di marketing. Apportare modifiche al marchio registrato, senza considerare i principi di diritto vigenti in materia di conformità d’uso degli stessi, potrebbe vanificare gli investimenti effettuati dalle imprese per la protezione dei propri marchi e compromettere i diritti di esclusiva, con il rischio di dover cessare la commercializzazione o la produzione, in determinati paesi. Ed infatti, qualora fosse necessario azionare i propri diritti di marchio contro marchi identici o simili, depositati e/o utilizzati da terzi, nella fase amministrativa di opposizione, se decorsi tre o cinque anni dalla data di registrazione, oppure in giudizio – in ipotesi di azione riconvenzionale o autonoma di decadenza per mancato uso – la difformità d’uso potrebbe invalidare i diritti di esclusiva. Pertanto, prima di decidere la modifica del marchio registrato è necessario effettuare un esame preventivo sulle modifiche, aggiunte o omissioni, stabilendo cosa debba intendersi per carattere distintivo del marchio così come è stato registrato e valutare caso per caso se il marchio, come viene usato, altera o meno il carattere distintivo. Sebbene non sia necessaria una rigorosa conformità tra il segno utilizzato e il segno registrato, la differenza deve attenere a elementi trascurabili, i segni usati e registrati devono essere sostanzialmente equivalenti tenendo anche conto degli usi in vigore, nel rispettivo ramo di attività, del pubblico di riferimento, nonché dell’interdipendenza tra la forza del carattere distintivo di un marchio e gli effetti delle alterazioni ad esso apportate. Secondo la prassi amministrativa e la giurisprudenza dell’Unione Europea, le aggiunte che consistono in semplici indicazioni delle caratteristiche dei prodotti e servizi, il tipo, la qualità, quantità, destinazione, il valore, l’origine geografica o la data di produzione dei prodotti o di prestazione dei servizi, non alterano il carattere distintivo del segno. Non sono infatti stati considerati rilevanti, l’aggiunta non distintiva e non dominante di termini descrittivi o di uso generale, l’uso di segni di interpunzione, l’omissione di un elemento posto in posizione secondaria, l’uso di forme plurali o singolari, l’aggiunta o l’omissione di un elemento figurativo esclusivamente decorativo o perfino insignificante, la disposizione delle lettere o il contrasto di colori e, nei marchi che rivendicano i colori e/o le proporzioni tra gli elementi denominativi, variazioni insignificanti delle sfumature, dell’intensità dei colori e delle proporzioni. Non è diversa la situazione negli altri paesi extra-UE, quali Stati Uniti, Cina, Hong Kong, Emirati Arabi, Russia che, generalmente, per valutare la conformità tra marchio registrato e marchio in uso, effettuano un test di controllo, basato più o meno sui principi adottati dall’Ufficio dei Marchi dell’Unione Europea (EUIPO) e avvalorati dalla giurisprudenza del Tribunale di Primo Grado, nonché della Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

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