Francesco Terrano, Avvocato –Terrano Studio Legale, Modena

I diritti di esclusiva su di un marchio hanno una portata territorialmente limitata. La natura territoriale dell’esclusiva su marchio comporta la possibilità che due marchi confondibili possano convivere in contesti statuali fra di loro differenti. Detta convivenza deve ritenersi assolutamente fisiologica e del tutto conforme al fondamentale principio della relatività degli ordinamenti giuridici. Del pari fisiologica, è la volontà degli imprenditori di impiegare il proprio marchio su Internet. Peraltro, la portata virtualmente mondiale della rete telematica, se indubbiamente apprezzabile da un punto di vista commerciale, è destinata a interferire con la citata valenza territoriale dei diritti di marchio. Un esempio, varrà a chiarire meglio il problema. L’imprenditore Giorgio è titolare di una registrazione di marchio italiana per il marchio X con riferimento a prodotti di abbigliamento. Giorgio, sicuro della forza dei propri diritti in Italia, ritiene rientri nelle facoltà concessigli dal suo diritto di esclusiva impiegare il proprio marchio su una pagina web della rete telematica, magari con estensione .it. In realtà, la tranquillità che ispira la scelta di Giorgio è tutt’altro che ben fondata. Egli infatti ignora che negli USA l’imprenditore John, titolare di un identico marchio federale X con riferimento ai medesimi prodotti, è venuto a conoscenza dell’esistenza della sua pagina web, e che questi ha intenzione di adire il giudice americano, per far cessare quella che lui ritiene una violazione dei propri diritti.

Da notare che in un ipotesi del genere, stante la diversità degli ordinamenti giuridici di riferimento il criterio principe di risoluzione dei conflitti tra marchi, ossia quello temporale, risulterà del tutto inutilizzabile. In altri termini, la circostanza che il marchio italiano di Giorgio sia stato depositato prima di quello americano di John non assumerà alcun rilievo. Il problema cui si è accennato è di tale importanza che, fin dall’ottobre 2001, l’Assemblea Generale dell’Unione di Parigi e l’Assemblea generale della WIPO hanno congiuntamente adottato la così detta Joint Recommendation concerning provisions on the protection of marks, and other industrial property rights in signs, on the internet. Detta Recommendation mira essenzialmente a fornire alle singole Autorità nazionali alcuni ragionevoli criteri di giudizio sulla base dei quali stabilire quando l’impiego di un marchio su internet può effettivamente determinare la violazione di diritti di proprietà industriale altrui radicati in diversi contesti nazionali.

Ebbene si esclude che la mera visibilità del marchio in un ambito territoriale off-limit possa qualificarsi come un impiego dello stesso lesivo dei diritti di proprietà industriale esistenti in quel contesto statale. In altri termini, la mera accessibilità da parte dei consumatori di quel Paese al sito recante il marchio non integra di per sé un uso di esso in contrasto con eventuali diritti territoriali altrui. Perché, invece, si realizzi quest’ultima eventualità, è necessario che alla visibilità del segno nell’ambito territoriale segua un “effetto commerciale”. Quali fattispecie detta espressione intenda coprire non è detto esplicitamente, ma può dirsi – sia pure con una certa approssimazione – che ricorre un “effetto commerciale” ogni qualvolta la comunicazione del segno non si limiti a sorvolare il contesto territoriale di riferimento ma abbia (o sia atto ad avere) una concreta influenza nello stesso. Il che avviene, deve supporsi, quando la visibilità del marchio in internet assuma (o sia comunque atta ad assumere) i crismi di una vera e propria offerta commerciale di beni e servizi ai consumatori di quel paese, suscettibile di interferire concretamente con i diritti di esclusiva di terzi ivi esistenti.

La Recommendation, si badi, non obbliga le autorità statali eppure, di tutto interesse è rilevare che i giudici italiani tendenzialmente concordano nel ritenere che la mera visibilità del marchio straniero in Italia di per sé non integra contraffazione di eventuali diritti nostrani. Perché si integri detta violazione si richiede lo svolgimento (attraverso il sito) di attività commerciale diretta ad un pubblico residente in Italia. Avendo cura di precisare che al fine di configurare il predetto effetto commerciale non è richiesta “l’effettiva importazione in Italia del prodotto recante il marchio visibile sulla pagina web, ma quanto meno un’effettiva offerta in vendita del prodotto o dei servizi concorrenti in Italia, indicativa dell’avvio di una campagna pubblicitaria commerciale nello Stato (…) e dell’esistenza di un contatto commerciale prodromico alla fornitura del prodotto o dei servizi”.

Comments are closed.