Enrico Zanoli, Consulente in P.I. – Partner Zanoli & Giavarini Spa – Milano, Bergamo, Treviso

Quest’anno ricorre il cinquantenario del premio Nobel conferito nel 1963 al prof. Giulio Natta per l’invenzione del polipropilene, fatta nel 1954. Si tratta purtroppo dell’unico premio Nobel per la chimica conferito finora ad un italiano. L’attività di ricerca del prof. Natta e del suo gruppo al Politecnico di Milano, in collaborazione con l’allora  Montecatini, costituisce uno degli esempi più significativi di eccellenza scientifica italiana, di collaborazione università-industria, di massima valorizzazione della proprietà industriale, e anche di speed-to-market, ovvero di velocità di trasferimento di un’invenzione dal laboratorio all’impianto industriale. A 60 anni dall’invenzione di questa fondamentale materia plastica la combinazione di circostanze positive che l’hanno caratterizzata è ancora ineguagliata. Quali sono stati i fattori di tanto successo?

Nell’immediato dopoguerra la Montecatini era la più grande industria chimica italiana. In collaborazione con il prof. Natta aveva fondato una Scuola di Perfezionamento per chimici ed ingegneri chimici che “sfornava” ogni anno un certo numero di neolaureati specializzati, poi assunti dalla stessa Montecatini. In quest’ambito si formò il gruppo di ricercatori che Natta incaricò di studiare i catalizzatori da poco scoperti dal prof. Karl Ziegler del Max Planck Institut di Mühlheim (Germania). Usando un nuovo  catalizzatore costituito da un composto organico dell’alluminio e da un sale di un metallo di transizione il prof. Ziegler era riuscito a polimerizzare l’etilene (un gas) e produrre il polietilene (una materia plastica solida) a temperatura ambiente e pressione atmosferica. Si noti che a quel tempo il polietilene veniva prodotto dall’inglese Imperial Chemical Industry con un metodo ad altissima pressione, costoso e complicato. Il nuovo catalizzatore si era formato casualmente, in quanto il prof. Ziegler stava lavorando con etilene ed un composto organico dell’alluminio in un’autoclave che era sporca di nichel (un metallo di transizione) da una precedente reazione. Il sale di nichel ed il composto di alluminio formarono dunque casualmente e sorprendentemente il catalizzatore della reazione di polimerizzazione dell’etilene. Mai il termine “sorprendentemente”, così abusato nei brevetti, fu più appropriato!

Gli allievi di Natta iniziarono a lavorare a Milano sulla reazione di Ziegler, ma Natta era interessato principalmente a copolimerizzare etilene e propilene per ottenere gomme sintetiche. Nel corso di questi esperimenti venne usato anche solo propilene, e fu così prodotta una nuova materia plastica, il polipropilene. Nell’agenda del prof. Natta dell’11 marzo 1954 si legge “Fatto il polipropilene”. Seguirono giorni di attività febbrile per mettere a punto la reazione, separare e purificare il polipropilene dagli altri prodotti di reazione e caratterizzarlo dal punto di vista della struttura e delle proprietà. Tutto ciò venne compiuto nel giro di pochissime settimane. L’8 giugno 1954 venne depositata la prima domanda di brevetto, cui seguirono altri brevetti e pubblicazioni su  riviste scientifiche. Il catalizzatore venne poi perfezionato ed il processo venne sviluppato così rapidamente che nel 1957 venne avviato il primo impianto industriale per la produzione di polipropilene isotattico nel sito Montecatini di Ferrara. Il reattore di quel primo impianto è ancora visibile oggi. La nuova materia plastica, commercializzata dalla Montecatini con il marchio Moplen® e pubblicizzata nei “Caroselli” televisivi da Gino Bramieri, era un materiale dalle innumerevoli applicazioni, sia domestiche che industriali, e costituì uno dei simboli del boom economico degli anni 50-60.

I brevetti della Montecatini costituirono degli asset fondamentali della società e generarono cospicui introiti sia per commercializzazione diretta dei prodotti (polimero e catalizzatore) sia sotto forma di royalty per licenze concesse a produttori terzi. Si formò e consolidò in quegli anni una forte consapevolezza dell’importanza della proprietà industriale per lo sviluppo dell’impresa e il finanziamento della ricerca, e ciò contribuì a formare una cultura della proprietà industriale che in Italia era del tutto assente. Chi – come il sottoscritto – ha avuto il privilegio di conoscere alcuni degli allievi del prof. Natta e alcuni dirigenti della Montecatini di quei tempi, inclusi gli esperti brevettuali, ha potuto apprezzare la straordinaria capacità scientifica e competenza brevettuale che sono state alla base del successo di questa storia. Colpisce anche la rapidità con la quale un’invenzione pionieristica sia passata dalla provetta al mercato nel giro di soli tre anni: difficile trovare oggi una speed-to-market confrontabile, nonostante l’enorme evoluzione della tecnologia e dell’organizzazione aziendale.

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