Fabio Boscariol De Roberto, Avvocato, N&G Legal, Studio Legale Associato, Milano

ll brevetto per modello di utilità riguarda una invenzione per così dire “minore”, limitata al conferimento di una particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego ad un dato dispositivo, macchina, strumento, ecc., e quindi richiede sostanzialmente un minore apporto inventivo rispetto a quanto richiesto per un valido brevetto per invenzione. Dunque, pur se il requisito di novità rimane sostanzialmente il medesimo di quello richiesto per i brevetti per invenzione, è pacifico che il requisito di attività inventiva, al contrario di quanto richiesto per un brevetto per invenzione, debba valutarsi positivamente qualora l’attività inventiva coinvolta nella soluzione che costituisce l’oggetto del modello di utilità ricada nell’ambito di quei limitati apporti creativi che sottendono soluzioni tecniche miranti solamente ad accrescere l’utilità di una data macchina, strumento o dispositivo, in sé noto alla tecnica. Tuttavia si ritiene che tali limitate soluzioni tecniche siano meritevoli di tutela tramite lo strumento del brevetto per modello di utilità solo qualora non discendano in modo ovvio dalla tecnica pre-esistente e/o dalle conoscenze generali del settore tecnico coinvolto. Dunque, una pur minima originalità rispetto alla tecnica nota è comunque richiesta. Quanto sopra sostenuto non significa però che il metodo di valutazione definito come “problem-solution approach”, elaborato dall’Ufficio Brevetti Europeo, non possa applicarsi anche all’analisi di validità di un brevetto per modello di utilità.  Tale metodo di valutazione può essere applicato anche all’analisi di validità di un brevetto per modello di utilità, purché si tenga bene a mente che il problema tecnico affrontato in un modello di utilità è appunto il limitato problema di conferire una maggiore efficacia o comodità di impiego ad un dispositivo, macchina o strumento noto, e che quindi la soluzione a tale problema, eventualmente meritevole di tutela tramite lo strumento del modello di utilità, è anch’essa necessariamente limitata. Premesso quanto sopra, in tema di contraffazione, ai sensi dell’art. 82, terzo comma, CPI, “gli effetti del brevetto per modello di utilità si estendono ai modelli che conseguono pari utilità, purché utilizzino lo stesso concetto innovativo”. Ne segue che o il prodotto in asserita contraffazione consiste in una modificazione soltanto estrinseca, usufruendo dello stesso concetto innovativo e raggiungendo gli stessi risultati di utilità, e dunque non potrà che costituire contraffazione del modello, oppure ne differirà per il conseguimento di una diversa utilità o per l’applicazione di un diverso concetto ideativo. La giurisprudenza è pacifica sul punto, tanto da affermare come la presenza di qualche differenza strutturale di carattere marginale non vale ad escludere la contraffazione allorché venga riprodotto il concetto innovativo. Ne segue che, quando sia stato riprodotto il concetto innovativo dell’altrui brevetto per modello di utilità, la contraffazione sussiste anche se taluni particolari applicativi di carattere secondario siano differenti da quelli adottati dal titolare del brevetto o indicati nel disegno illustrativo generale di questo. Come noto, infatti, per aversi contraffazione di un modello di utilità è sufficiente che venga riprodotta l’innovazione tecnica che lo stesso propone. In altri termini, gli effetti del brevetto per modello di utilità si estendono ai modelli che conseguono pari utilità, purché utilizzino lo stesso concetto innovativo, per cui devono ritenersi coperte tutte le forme che prendono spunto da un medesimo concetto innovativo e che siano tali da produrre una pari utilità, mentre le differenze di carattere marginale risultano ininfluenti ai fini dell’accertamento dell’interferenza. Non esclude dunque la contraffazione la presenza nel prodotto di elementi di distinzione che non interferiscono sul nucleo del modello di utilità brevettato, costituito dalla presenza di una struttura e criteri di monitoraggio in grado di risolvere o attenuare specifici problemi. Pertanto, in tema di brevetti per modelli di utilità, qualora il nuovo modello utilizzi l’idea innovativa coperta da un precedente brevetto ancora efficace, gli eventuali specifici vantaggi connessi ai miglioramenti introdotti non escludono la contraffazione, che sussiste per il solo fatto che la migliore o diversa efficacia e/o comodità di impiego del nuovo modello non discende dalle diversità introdotte in modo autonomo rispetto alla riproduzione dell’idea brevettata (cfr. Cass. Civ., sez. I, 03 febbraio 2006, n. 2435). In effetti, seppure l’ambito di rilevanza di tale fattispecie debba ritenersi più circoscritto rispetto a quello assegnato nelle ipotesi di contraffazione di brevetti per invenzione, tuttavia il richiamo ad un medesimo concetto innovativo eseguito dalla norma comporta necessariamente che anche forme diverse possano essere ritenute interferenti qualora possa ritenersi evidente che – a pari efficacia – le forme differenti non siano altro che una variante ovvia della struttura descritta nel brevetto, cioè già di per sé costituenti normale alternativa tecnica mediante la quale raggiungere il medesimo risultato. Quanto sopra, è stato recepito anche da una recente giurisprudenza che ha affermato “la sola variazione costituita dalla sostituzione della previsione di un elemento dentato rettilineo che è collegato al pedale da un elemento elastico con quella di un unico elemento costituito dal pedale che provoca la trasmissione del moto mediante la conformazione dentata curva della sua parte opposta integri contraffazione per equivalente del modello in esame. Invero appare del tutto evidente che la sostituzione dell’elemento dentato rettilineo con quello curvo dentato rappresentato dalla parte opposta del pedale non possa che ritenersi ovvia realizzazione alternativa della medesima specifica funzione di tale elemento rettilineo di trasformare in combinazione con gli altri ingranaggi dentati il moto rettilineo impresso dal pedale in un moto rotatorio, funzione che il tecnico del ramo può agevolmente soddisfare mediante diverse combinazioni di ingranaggi dentati. In tal senso la funzione complessiva di detta parte curvilinea nel quadro del più complesso dispositivo descritto nelle riv. 1 e 3 riproduce senza particolare originalità quella svolta dall’elemento dentato rettilineo e non aggiunge alla conformazione complessiva del dispositivo alcuna ulteriore o diversa funzione” (cfr. Tribunale di Milano, n. 10164/2015, 11 settembre 2015).

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