Angela Zampetti, Avvocato e Consulente in Marchi e Modelli e di Emidia Di Sabatino, Avvocato
Luppi & Crugnola Srl, Modena, Bologna, Milano

Il fenomeno della contraffazione nel settore agro-alimentare sempre più spesso si concretizza mediante l’e-Commerce, al di fuori dai confini nazionali, in uno spazio, il web, accessibile da chiunque e ovunque.
Gli operatori del settore, in primis i Consorzi di tutela, sono quindi impegnati nella repressione del fenomeno nell’ottica della tutela del consumatore e della promozione e valorizzazione delle produzioni italiane di eccellenza.
La contraffazione delle denominazioni non è infatti solo fonte di inganno per i consumatori, essendo i prodotti contraffatti privi delle caratteristiche e dei pregi qualitativi propri della produzione originale, ma integra, inoltre, una forma di indebito sfruttamento della reputazione dell’intero comparto agro-alimentare.
Sono alla ribalta della cronaca recenti casi di vendita online, su siti web e piattaforme e-Commerce, di wine kit contenenti polveri e concentrato d’uva con la falsa promessa di produrre a casa, in poche settimane, noti vini italiani (Barolo, Chianti, Valpolicella etc.) perfino declinati al gusto di frutta, ma anche di finto Prosecco in Gran Bretagna e di un recentissimo Prosecco “made in Crimea”.
Il fenomeno dei wine kit si è aggravato tanto che, nell’agosto scorso, è stata scoperta un’associazione a delinquere transnazionale – che vedeva implicata anche una società italiana – per la produzione e commercializzazione di wine kit, che riproducevano abusivamente 24 etichette di vini italiani DOP e IGP.
L’offerta in vendita, pubblicizzazione e commercializzazione di wine kit a mezzo web integra una violazione dei diritti di esclusiva dei titolari, trattandosi di vini non provenienti da quella zona geografica e non realizzati in conformità del relativo disciplinare, un inganno per il consumatore e un illecito agganciamento alla notorietà dei segni geografici a danno dell’immagine degli operatori del settore.
Anche l’usurpazione, imitazione o evocazione, in base alle concrete modalità di presentazione del prodotto, può costituire un uso improprio di DOP e IGP.
Il finto Prosecco pubblicizzato e venduto in Gran Bretagna, così come quello prodotto in Crimea, era un vino che nulla condivideva con l’originale in termini di luogo di produzione, né rispettava le caratteristiche di cui al relativo disciplinare.
Nel caso del Prosecco inglese, la vendita al pubblico nei locali avveniva addirittura alla spina, in chiara violazione della previsione dell’imbottigliamento di cui al disciplinare.
Casi come quelli descritti configurano, fra l’altro, un utilizzo ingannevole di una indicazione sulla provenienza, natura e qualità essenziali del prodotto, mediante l’apposizione in etichetta della indicazione geografica imitata, oppure incorporando la stessa in una variante che possegga modificazioni fonetiche pensate in base al sounding di quella originale o, ancora, semplicemente indicando nei siti le varie denominazioni protette.
Frequente è l’apposizione sulla confezione e/o sull’imballaggio dei prodotti di segni e/o figure (vedi colosseo, bandiera italiana) che suggestivamente evochino il concetto di italianità.
In considerazione della varietà e sofisticazione degli abusi, spetterebbe ai Consorzi di tutela combattere i giganti del marketplace privilegiando strumenti di monitoraggio e procedure amministrative di segnalazione degli illeciti ai gestori, con rimozione dei dati non solo del singolo annuncio ma, anche, in relazione ad eventuali successivi annunci dello stesso genere che dovessero comparire
Proprio in questo senso vanno letti il recente Protocollo d’intesa per la tutela e la valorizzazione delle produzioni vinicole DOP e IGP sulla piattaforma eBay che utilizza il programma VeRO (Verified Rights Owner) e il “Desk anticontraffazione online”, attivato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali nell’ambito dell’azione di contrasto ai nuovi fenomeni di contraffazione dei prodotti agroalimentari, che consente a Consorzi di Tutela, Associazioni di categoria e singoli consumatori di inoltrare segnalazioni, anche attraverso la compilazione della scheda anticontraffazione da inviare direttamente a mezzo email.
Dalla collaborazione tra pubblico e privato dovrebbe derivare un miglior monitoraggio delle violazioni di DOP o IGP.

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