Marco Mergati e Alessandra Zavatti,  Avvocati – Studio Ghidini Girino e Associati, Milano

Le denominazioni di origine protetta (DOP) e le indicazioni geografiche protette (IGP) sono lo strumento principe per valorizzare i prodotti del settore agroalimentare.

Con DOP si identificano prodotti originari di un determinato luogo, le cui qualità sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico ed ai suoi intrinseci fattori naturali e umani, e le cui fasi di produzione si svolgono tutte in quella specifica zona. Con IGP, invece, si identificano prodotti provenienti da un determinato luogo, alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità, reputazione o altre caratteristiche, e la cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi in quella specifica zona.

Tali indicazioni sono simbolo della qualità derivante da un’azione combinata delle particolari condizioni geografiche e atmosferiche dei luoghi di provenienza, con l’insieme di conoscenze dei produttori (il tradizionale ‘saper fare’) e sono altresì garanzia di una duplice tutela. Queste due istanze di tutela non si annullano l’una con l’altra, bensì cooperano per garantire, sia nel breve sia (soprattutto) nel lungo termine, una migliore competizione qualitativa sul mercato, valorizzando – in un mercato sempre più standardizzato – prodotti di nicchia o, in ogni caso, produzioni orientate più al profilo qualitativo piuttosto che a quello quantitativo.

Le indicazioni geografiche compendiano, come anticipato, due tutele. La prima, a garanzia del consumatore, la seconda, a garanzia dell’imprenditore/produttore.

Quanto al consumatore, questo deve essere tutelato nei confronti di un olio venduto come “Tuscan Extra-virgin Olive Oil” da parte di un grande magazzino londinese di lusso e – fenomeno ancor più inquietante per portata e capacità di raggiungere consumatori/utenti – dal relativo sito di e-Commerce, poiché il consumatore potrebbe essere convinto di acquistare una bottiglia di olio proveniente direttamente dalle colline toscane, quando invece si accinge ad acquistare un olio imbottigliato nel Regno Unito.

Da un lato, quindi, la tutela delle indicazioni geografiche risponde alle giuste istanze del consumatore circa la necessità di conoscere cosa acquista: il consumatore non deve essere indotto in confusione al momento dell’acquisto, né deve essere sottoposto a messaggi decettivi da parte di soggetti terzi che, senza adeguarsi ad uno standard produttivo, immettono sul mercato prodotti che ‘sembrano’ o ‘ricordano’ indicazioni geografiche protette. Le indicazioni geografiche, infatti, comunicano precise informazioni: in particolare, queste comunicano (e garantiscono) informazioni sulla provenienza da una specifica area geografica dei prodotti, sulla qualità degli stessi e sulla loro garanzia circa la sottoposizione a rigidi disciplinari di produzione, vagliati sia livello nazionale (dal MIPAAF) sia a livello europeo (dalla Commissione Europea). La tutela delle indicazioni geografiche è, infatti, finalizzata (anche) a proteggere le potenzialità evocative veicolate dal loro uso: conseguentemente, è sufficiente che un prodotto non provenga da un determinato territorio per determinare la violazione di una indicazione geografica.

In questo solco si inserisce la seconda tutela: quella dell’imprenditore/produttore contro lo sfruttamento delle indicazioni geografiche protette. La tutela, in questo caso, è quella garantita per l’imprenditore/produttore a non vedere vanificati i propri sforzi produttivi (e di raggiungimento di standard qualitativi) a causa di comportamenti illeciti di terzi che vogliono appropriarsi del vantaggio competitivo connesso al rimando del proprio prodotto ad una determinata origine territoriale. I precedenti in materia sono innumerevoli e celeberrimi, a partire dalla pronuncia resa in sede europea dalla Corte di Giustizia (C-132/05, 26 febbraio 2006, Commissione CEE contro Repubblica federale di Germania), relativamente al termine ‘Parmesan’, giustamente ritenuto evocativo della denominazione ‘Parmigiano-Reggiano’.

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