Marco Mergati e Alessandra Zavatti, Avvocati – Studio Ghidini, Girino e Associati, Milano

Come reagire alle violazioni dei diritti di copyright commessi da siti stranieri?

Ove il sito che viola i contenuti illeciti sia ospitato su un server straniero, l’unica via percorribile potrebbe essere quella di disabilitare l’accesso stesso al sito web. Mentre infatti i gestori di un sito internet non sono spesso (efficacemente) perseguibili, gli intermediari rimangono l’unico soggetto di riferimento per la repressione dei fenomeni di violazione dei diritti di copyright commessi da siti stranieri.

La Direttiva Europea sull’Information Society (n. 2000/31/CE), recepita dal D. Lgs. 70/2003, sancisce da un lato la deroga alla responsabilità dei prestatori di servizi internet ove questi si limitino ad una attività meramente tecnica (la c.d. attività di “mere conduit”, ossia mera attività di trasmissione e trasporto di informazioni, non sottoposta a controllo) e, dall’altro, la possibilità che agli stessi vengano applicate misure sanzionatorie.

Viene prevista cioè la possibilità che il prestatore di servizi internet, pur esente da responsabilità, sia soggetto ad una misura inibitoria tesa a fare cessare o ad impedire la continuazione dell’illecito.

Tali inibitorie sono in ogni caso soggette ad uno stretto principio di legalità. Devono essere in primo luogo pronunciate da una autorità giudiziaria o amministrativa, attraverso ordinanze che obbligano ad impedire o porre fine alla violazione, ma anche a prevenire nuove violazioni, ad esempio grazie alla rimozione dell’informazione illecita o alla disabilitazione dell’accesso al sito. Inoltre queste misure devono passare il vaglio di un equo bilanciamento degli interessi e dei valori in gioco: tutela dei diritti di proprietà intellettuale (inter alia, i diritti autorali) da un lato e libertà di espressione e di informazione dall’altro. Infine dovranno essere ispirate ai canoni di adeguatezza, gradualità e proporzionalità, imposti sia dal legislatore comunitario, sia da quello italiano.

L’irresponsabilità di chi pone in essere attività di mere conduit, contemporanea alla sua assoggettabilità ad un provvedimento inibitorio, è stata confermata dal Tribunale di Milano nell’oramai noto caso di un sito web che, tramite una serie di link, permetteva agli utenti di vedere gratuitamente alcune partite di calcio del campionato italiano e dei mondiali grazie al “re-indirizzamento” verso siti web cinesi. Avverso tale sito agiva in via d’urgenza una società di broadcasting satellitare, titolare dei diritti televisivi delle partite, convenendo in giudizio anche un operatore di telecomunicazioni, in qualità di fornitore del servizio web. Il Tribunale di Milano, all’esito del procedimento di merito, ha condannato il titolare del sito per la violazione dei diritti spettanti all’attrice, respingendo le domande nei confronti dell’operatore di telecomunicazioni. Questo infatti, avendo solamente reso possibile l’accesso alla rete di comunicazione, è stato ritenuto esercente di attività di mere conduit, che – come tale – non è onerata di nessun obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni trasmesse. Al tempo stesso però, la pronuncia milanese cristallizza il principio sopra esposto: anche in assenza di responsabilità conseguente all’attività svolta in favore di terzi, l’access provider può risultare destinatario di pronunce inibitorie dell’autorità giudiziaria o amministrativa.

Ciò impone all’access provider una conseguente attivazione per impedire o far cessare la violazione: vi è quindi responsabilità civile tout court (ossia vi è la possibilità di condanna) solo ed esclusivamente ove non vi sia stato tempestivo ottemperamento all’ordine dell’autorità giudiziaria o amministrativa.

Con riguardo all’ inibitoria pronunciata dall’autorità amministrativa, recentemente l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), ha emesso, in attuazione della direttiva sull’Information Society, il proprio regolamento volto a tutelare il diritto d’autore su internet (delibera n. 680/13/CONS del 12 dicembre 2013). L’AGCOM, ove adita e ove sussistano i presupposti per l’instaurazione del procedimento, ne comunica l’avvio anche ai prestatori di servizi che svolgono attività di mere conduit, informandoli della possibilità di adeguarsi spontaneamente alla richiesta inoltrata all’Autorità dal soggetto istante. In mancanza di ciò, l’AGCOM, ove accerti una reale violazione, potrà emettere provvedimenti inibitori anche avverso i meri fornitori di servizi web.

Seppure, come noto, il Regolamento sia stato aspramente criticato (ed anche impugnato al TAR), è entrato in vigore il 31 marzo 2014 e costituisce un ulteriore strumento attivabile dal titolare di copyright violati.

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