Aldo Fittante, Avvocato – Fittante Studio Legale, Firenze-Bruxelles
Il settore dei prodotti agroalimentari e vitivinicoli italiani rappresenta l’esempio più eclatante di come il “Made in Italy” sia vettore di un messaggio di garanzia qualitativa e d’eccellenza delle nostre produzioni che rappresentano nel mercato globale formidabili strumenti di competitività.
Del resto ho già avuto modo di occuparmi, in precedenti saggi, sia dell’importanza di una politica di garanzia del comparto agroalimentare italiano anche attraverso un’adeguata strategia di tutela del marchio (Aldo Fittante-Nino Ferrelli “Il marchio per la tutela e la valorizzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari italiani”, Il Sole 24 Ore-Edagricole, 2010), sia di come il Made in Italy debba costituire il focus di qualsiasi intervento istituzionale finalizzato ad una effettiva e duratura ripresa economica (Aldo Fittante: “Tutela giuridica del marchio, dell’industrial design e del Made in Italy, Lezioni di diritto della proprietà industriale”, Giuffrè Editore, 2015).
Il grande appeal dei prodotti agroalimentari e vitivinicoli italiani è del resto dimostrato dalla sempre più dilagante e sofisticata contraffazione con la quale il settore si trova, ormai da tempo, a fare i conti.
La gravità del fenomeno è amplificata dalle enormi potenzialità espansive che nel relativo mercato è destinato a svolgere il web: straordinario veicolo di promozione worldwide delle nostre autentiche produzioni, ma al tempo stesso anche strumento dalle capacità lesive inimmaginabili nelle mani di chi commercia falso “Made in Italy”.
Il commercio on-line dell’agroalimentare italiano vale, secondo il Ministero delle Politiche Agricole, oltre un miliardo di euro, mentre per Coldiretti due prodotti alimentari tradizionalmente italiani su tre presenti nel mercato internazionale sono il risultato di “agropirateria”.
Dagli ormai celebri casi del “Parmesan” e del finto Chianti, al più recente esempio del “Wine Kit” con etichette falsamente rivendicanti ben 24 vini italiani DOP e IGP, o ancora al “Cheese-kit” che, acquistato dall’Australia al prezzo di 81 dollari australiani (circa 57 euro), consentirebbe di preparare Parmigiano o Pecorino Romano variamente miscelando gli ingredienti!
Al di là di quanto il subdolo sfruttamento dell’italian sounding danneggi il business dei nostri produttori, è l’immagine stessa del nostro Paese che rischia di uscirne travolta, vanificando la nostra più grande ricchezza competitiva, l’indiscussa qualità delle produzioni autenticamente italiane.
La sfida dell’EXPO, occasione privilegiata per far conoscere (e riconoscere) i nostri prodotti, rende l’esigenza di protezione ancor più impellente.
Il nostro Paese può comunque contare su di un sistema di tutela moderno ed efficiente.
Ciò anzitutto sul piano dei titoli di proprietà industriale attivabili dall’imprenditore per aggiudicarsi un’esclusiva sulle proprie idee: marchi, brevetti, disegni e modelli, modelli di utilità, ed in generale il complesso dei diritti di privativa industriale, che si declinano nel settore agroalimentare e vitivinicolo nelle DOP, IGP, STG, IG.
L’investimento in proprietà industriale, che anche grazie alle agevolazioni previste dall’ordinamento è relativamente contenuto, è comunque sempre remunerativo.
Sul piano della reazione istituzionale al grave fenomeno che si perpetra nel web un esempio virtuoso – certamente da replicare anche in altri settori – è il recente protocollo firmato tra il Ministero delle Politiche Agricole ed eBay, grazie al quale la nota piattaforma di commercio online si è impegnata a rimuovere annunci che implichino violazioni relative ai vini DOP e IGP.
Conclusivamente il nostro ordinamento – sia sul piano degli strumenti attivabili dai nostri imprenditori per aggiudicarsi un’esclusiva sulle proprie eccellenze, sia sul piano della reazione a fenomeni usurpativi che richiedono una risposta rapida e decisa – offre un sistema di tutela delle nostre produzioni certamente moderno ed efficiente.