Aldo Fittante, Avvocato – Fittante Studio Legale, Firenze – Bruxelles
Il marchio nell’attuale economia imprescindibilmente globalizzata non è più solamente un mero strumento di identificazione sul mercato dell’impresa e dei suoi prodotti, ma assurge ormai a vettore d’informazioni e suggestioni che ne fanno, grazie anche alle ormai diffusissime e irrinunciabili attività di branding, veicolo principe di trasmissione al pubblico di un messaggio di garanzia della qualità e delle caratteristiche non ispezionabili del prodotto, divenendo così vero e proprio collettore di clientela.
Quanto detto assume ancora maggior rilievo in ragione delle enormi potenzialità espansive del messaggio insito nel marchio che è capace di esercitare Internet: l’incidenza comunicativa del marchio, e d’altra parte, l’efficacia lesiva della relativa violazione, è infatti amplificata in modo esponenziale se si verifica sulla Rete.
In tal senso, la violazione diviene di fatto priva di confini geografici e temporali, raggiungendo potenzialmente ogni singolo utente worldwide nel secondo successivo al quale viene commessa.
Si considerino a riguardo i fenomeni di cybersquatting, ovvero quelle pratiche in cui un soggetto registra a nome proprio un domain name utilizzando un marchio rinomato, come anche quelle di typosquatting, ossia la registrazione come domain names di variazioni minime di marchi rinomati, in tal senso sviando parte della clientela potenziale degli stessi in ragione di possibili problematiche linguistiche oppure di typing.
In entrambi i casi è di prima evidenza la portata lesiva delle violazioni, laddove concretano un grave pregiudizio al segno distintivo altrui, in un caso impedendo la registrazione del domain name al legittimato, nel secondo caso confondendo potenziali utenti, e quindi clienti, del sito “reale” dell’azienda su illeciti siti satellite, nel peggiore dei casi siti in cui oltre alla violazione del segno distintivo si associa una contraffazione dei prodotti dell’azienda cui il segno violato appartiene.
Ipotesi conclusiva e, sebbene diversa, assimilabile alle precedenti, è quella rappresentata dalla violazione del segno distintivo altrui del cd. “domain grabbing”.
Nel “domain grabbing” un soggetto terzo registra a nome proprio quale nome a dominio il marchio altrui, per poi, con modalità mi si conceda di definire “simil-estorsive”, tentare di rivenderlo al soggetto interessato in quanto proprietario del marchio.
È evidente che le ipotesi illecite appena menzionate, al pari di altri comportamenti violativi del marchio altrui perpetrate sulla Rete, abbiano una portata lesiva pressoché illimitata ed istantanea e necessitino di una reazione immediata.
Diviene quindi di primario rilievo la possibilità offerta dal legislatore Europeo prima, e italiano poi, di poter ricorrere a strumenti quali quelli legati ai provvedimenti cautelari d’urgenza.
Il singolo imprenditore infatti, una volta ravvisata la violazione al proprio titolo di privativa, può ottenere una misura cautelare volta a far cessare nel minor tempo possibile la violazione, contestualmente ponendo le basi per poter essere concretamente ristorato dei danni subiti.
Provvedimenti quali la descrizione, il sequestro, l’inibitoria, oppure specifici ordini del giudice, come ad esempio il ritiro dal mercato dei prodotti o la modifica o cancellazione del domain name, possono rappresentare una prima – ma assai efficace e tempestiva – reazione alla violazione subita.
Una tutela anticipatoria in grado di garantire al titolare di un diritto di privativa industriale una sorta di “vittoria anticipata” in tempi ragionevoli.
Quanto detto al fine di evidenziare come Internet rappresenti uno strumento comunicativo e commerciale le cui potenzialità, anche in termini di sviluppo e crescita per la singola azienda, possiamo ben definire formidabili.
Parimenti, al crescere della forza comunicativa dello strumento aumenta anche la dirompenza della violazione se perpetrata attraverso il medesimo mezzo.
E’ quindi necessario che la reazione del singolo sia immediata e decisa, in tal senso utilizzando strumenti normativi di tutela quali quelli appena tratteggiati.
Il nostro ordinamento, a parere di chi scrive, offre strumenti adeguati per ottenere una compiuta tutela e valorizzazione dell’attività della singola impresa, garantendole al tempo stesso sia lo spazio “virtuale” utile e necessario ad una sua compiuta crescita commerciale e comunicativa, sia i mezzi per reagire con la dovuta tempestività a fenomeni usurpativi enormemente amplificati dalla rete in termini di potenzialità lesiva.