Filippo Canu, Avvocato – Partner FTCC Studio Legale Associato, Milano

Sono sempre più numerosi i casi in cui l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato (AGCM), in applicazione delle norme in materia di pubblicità ingannevole o sulle cd pratiche commerciali scorrette, ha inibito la violazione di diritti di privativa industriale.

I casi più recenti (20.2.2013) hanno coinvolto due note griffe italiane (Gucci e Prada) e sono sfociati nella sospensione cautelare dell’attività e nell’oscuramento dei siti web utilizzati per commercializzare prodotti contraffatti.

Nel 2011 l’AGCM ha inibito l’uso di noti marchi automobilistici (quali Toyota, Nissan e Mitsubishi) sul sito web di un’azienda di ricambi e assistenza tecnica nel  settore motoristico che non aveva alcun rapporto con i titolari dei predetti marchi (prov. 22067) e del marchio RAI nell’ambito di un sito che promuoveva una manifestazione canora che nulla aveva a che vedere con le attività di RAI, né aveva da questa ricevuto autorizzazione per l’uso del marchio (inserito anche nel Nome a Dominio ‘oltrelamusicarai.it’, prov. n. 22378).

Nel 2012 l’AGCM ha ritenuto pratiche commerciali scorrette: l’abbinamento alla propria denominazione sociale di un marchio noto nel settore dell’autonoleggio (BUDGET) sui siti ‘paginegialle.it’ e ‘paginebianche.it’ (prov. 23305); la registrazione e l’uso di un Nome a Dominio riproducente il marchio (Bigliardi Mari) di un diretto concorrente (prov. 23976); sempre nel 2012 l’AGCM è intervenuta nei confronti di due siti web che proponevano prodotti contraddistinti da  marchi rinomati a prezzi particolarmente convenienti: nel primo caso (prov. 24115, relativo all’offerta di beni griffati  quali: Valentino, Dolce&Gabbana, Ferré, ecc.), perché venivano inviati prodotti diversi da quelli ordinati e pubblicizzati; nel secondo (prov. 23192 relativo all’offerta di prodotti a marchio Shiseido) perché gli ingenti sconti promessi risultarono calcolati su prezzi non corrispondenti a quelli di mercato.

In tutti questi casi – nei quali è facile riconoscere gli elementi di illeciti concorrenziali e di violazione di diritti di proprietà industriale – l’AGCM è intervenuta in difesa del consumatore, destinatario di pratiche commerciali ingannevoli o scorrette, non a tutela degli interessi dell’impresa danneggiata. L’intervento dell’Autorità, tuttavia, ha beneficiato anche le imprese titolari dei segni distintivi contraffatti o illecitamente utilizzati; ciò è possibile grazie alla nozione estremamente ampia di pratica commerciale scorretta delineata dal Codice del Consumo, cioè: ogni comportamento posto in essere nel quadro di un’attività d’impresa per la promozione e commercializzazione di prodotti o servizi idoneo a falsare il comportamento economico del consumatore.

Poiché, in tale contesto, le ipotesi di possibile intervento dell’AGCM sono molteplici, val la pena di ricordare che: (i) l’AGCM può intervenire anche su diretta sollecitazione del solo titolare del diritto di proprietà industriale; (ii) i tempi di intervento sono molto contenuti (rispetto a quelli della giustizia civile ordinaria): mediamente 6 mesi ma, nei casi di particolare rilevanza, in pochi giorni l’Autorità può ordinare la sospensione dell’attività; (iii) il procedimento è privo di costi per il denunciante (altro vantaggio, specie per le piccole e medie imprese, se si considera il recedente raddoppio del ‘contributo unificato’ dovuto per l’avvio di una controversia avanti le Sezioni Specializzate in materia di impresa; (iv) l’intervento dell’AGCM non preclude il ricorso ad altri strumenti di tutela giurisdizionale, che possono essere esperiti anche cumulativamente dal titolare del diritto.

L’Autorità, inoltre, è dotata di penetranti poteri investigativi (ciò che solleva il titolare del diritto leso da rilevanti oneri probatori) e sanzionatori: può avvalersi della Guardia di Finanza, disporre perizie e analisi economiche; comminare rilevanti sanzioni pecuniarie (da 5.000 a 5.000.000 di euro) e, in caso di inottemperanza ai propri provvedimenti, disporre la pubblicazione di dichiarazioni rettificative a spese del responsabile (e comminare ulteriore sanzione pecuniaria).

E’ vero che il ricorso all’AGCM non permette al titolare del diritto leso di ottenere il risarcimento dei danni subiti, ma tale possibilità non è gli è preclusa, potendo egli contemporaneamente agire avanti all’autorità giudiziaria ordinaria, ovvero, una volta accertata la pratica scorretta, avviare una causa ordinaria di risarcimento danni conseguenti all’adozione di atti contrari alla correttezza commerciale o professionale.

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