Maurizio Borghese, Avvocato, Borghese e Giordano Studio Legale Associato, Treviso-Napoli
I diritti di privativa per le nuove varietà vegetali sono disciplinati, a livello comunitario, dal Regolamento CE 2100/94 e, su base nazionale, dalle norme contenute nel C.P.I.: artt. 100-116, nonché, per la fase procedurale, dagli artt. 164-166 e 170. Fonte comune è la Convenzione internazionale per la protezione dei ritrovati vegetali, firmata a Parigi, nel 1961 ed oggetto di modifiche, fino al 1991, conosciuta come convenzione U.P.O.V. (Union pour la Protection des Obtentions Vegetales). I requisiti, richiesti per il riconoscimento dei diritti del costitutore, sono la novità e la distinzione, che devono sussistere al momento della presentazione della domanda, entro i limiti temporali previsti, nonché la omogeneità e la stabilità, caratteristiche che devono persistere nel tempo, nell’ambito della fase riproduttiva, con le riserve della cd. variazione prevedibile. Proprio la possibilità di riproduzione e moltiplicazione di una pianta, non consente, spesso, un pacifico sfruttamento dei diritti riconosciuti, con l’aggravante che, in determinati casi, oltre alla difficoltà di individuare la attività illecita suindicata – che può essere realizzata anche a seguito di un acquisto regolare con corresponsione di royalties nella fase iniziale – si accompagna il tema della necessità di una tutela immediata, in mancanza della quale, ogni tentativo risulterebbe vano. In particolare, si segnala un caso giudiziario, risolto in via cautelare, attraverso la concessione non solo di provvedimenti inaudita altera parte, ma anche attraverso la possibilità di poter attuare le misure concesse, con l’intervento dell’ufficiale giudiziario e del C.T.U. nominato, in una fascia oraria, non compresa tra le ore previste dall’art. 147 c.p.c., bensì tra le 05.00 e le 06.00 del mattino, prima che il luogo, ove sarebbero iniziate le attività di commercializzazione delle varietà vegetali riprodotte senza averne il diritto, fosse reso accessibile al pubblico. Ciò in ragione della circostanza che i diritti azionati avevano ad oggetto alcune varietà di fiori di crisantemi, che risultavano essere state moltiplicate in grandi quantità da un gruppo di floricoltori, che si apprestava alla vendita delle stesse, in un importante mercato di fiori, in prossimità delle festività del 01 e 02 novembre, in cui, per la peculiarità del periodo, la domanda di acquisto di quei determinati fiori, raggiunge il massimo livello, per poi cessare e riprendere solo l’anno successivo. Con il provvedimento emesso dalla sezione specializzata in materia di impresa dell’adito Tribunale, è stato concesso il sequestro, ai sensi dello art. 130, n. 4 c.p.c., anche nei confronti di soggetti non preventivamente identificati nel ricorso, sul presupposto che fosse certo, in sede di esecuzione, il coinvolgimento di questi, nelle attività di commercializzazione, anche se in buona fede e nominato un consulente, esperto in materia, al fine di coadiuvare l’ufficiale giudiziario nella individuazione delle varietà vegetali assunte in violazione dei diritti di privativa di parte ricorrente. L’ulteriore tema da considerare, in casi analoghi, in cui i beni oggetto di sequestro siano deperibili, riguarda le modalità di conservazione, al fine di preservare la integrità di alcuni campioni, per averne la disponibilità, ove necessario, nelle successive fasi del contenzioso. Altri aspetti riguardano la difficoltà di accesso ad appezzamenti di terreni, in cui vi siano coltivazioni considerate illecite e la assunzione delle evidenze in ordine alle modalità di propagazione delle piante, attuate, ad esempio, attraverso il taglio di sezione delle stesse e la successiva messa a dimora su pallets di polistirolo con adeguata concimazione ed irrigazione. (cfr.: Sent. Trib. di Napoli, sez. spec. in materia di impresa, n. 8317/2013). Una prova documentale di acquisto originario delle piante può non essere adeguata a giustificare, da parte del convenuto, il numero di esemplari rinvenuti dopo un ciclo produttivo. Tra le decisioni di maggior rilievo, si segnala la sentenza del Tribunale di Torino, del 20.03.2015, relativa a diritti su semi di riso, avente ad oggetto l’accertamento della esistenza di una fattispecie di varietà essenzialmente derivata, pertanto non lecitamente prodotta, in quanto avente caratteristiche non nettamente distinguibili, rispetto a quella “iniziale” , originaria – protetta da privativa – attraverso gli incroci o re-incroci tra due linee di riso e successiva selezione, che tuttavia avevano consentito alla seconda di conseguire una maggiore capacità di accestimento e resistenza agli erbicidi. In altro caso, il Tribunale di Milano, con ordinanza del 26.02.2014, ha revocato i provvedimenti di descrizione e sequestro inizialmente concessi inaudita altera parte, in ragione della prova offerta da parte resistente circa la predivulgazione del prodotto – i cui diritti erano stati azionati – su un catalogo della ricorrente, che solo alcuni anni dopo aveva ottenuto il certificato di privativa, venendo meno, per l’effetto il requisito della novità. Tanto a prescindere dalle ulteriori conclusioni del CTU in merito alla distinguibilità tra le varietà dei campioni di semi oggetto di causa.