Alessandra Fiumara, Avvocato in Milano
Descriverò una situazione “tipo”, che potrebbe essere facilmente individuata in altri settori merceologici, lontani e con dinamiche diversissime rispetto a quello in cui si è venuta a creare.
Un imprenditore, che chiameremo Signor Rossi, ha una brillante idea: ha individuato un utensile innovativo ancora non presente sul mercato, che si potrebbe ottenere semplicemente applicando un metodo fino a quel momento utilizzato per produrre un altro prodotto. E per di più con un design accattivante e con un costo finale altamente contenuto.
Il Signor Rossi si è impegnato, ha studiato bene il prodotto. La sua idea è ben sviluppata. Quello che gli manca è la possibilità di implementare il prodotto, il passaggio cioè alla sua industrializzazione. Decide quindi di rivolgersi ad una società terza, che chiameremo “A”.
Già nel corso della prima riunione con la “A”, il Signor Rossi descrive compiutamente la propria invenzione. Mostra disegni, calcoli e procedimenti… insomma il frutto di tutte le sue ricerche. D’altronde come ottenere un preventivo e far comprendere esattamente ad “A” di cosa si sta parlando senza mettere tutte, ma proprio tutte le carte in tavola?
Ovviamente il Signor Rossi non ravvisa la necessità di mettere “nero su bianco” che tutto ciò che viene rivelato alla “A” è frutto dei “suoi” soli sforzi e che soprattutto la “A” non ha e non potrà mai accampare alcun diritto su di esso. Dopo ulteriori incontri, il Signor Rossi, ritenendo congruo il preventivo della “A” e vedendo un grande interesse nel suo progetto da parte di quest’ultima, decide di commissionarle l’incarico di realizzare il prodotto in questione.
Ovviamente sempre senza nulla specificare circa l’oggetto dell’incarico e la titolarità del prodotto finale.
Il Signor Rossi, trasfonde tutte le sue idee e le sue energie nella realizzazione del prodotto, ne segue passo a passo la creazione, e paga la “A” per la sua attività (e la fattura riporterà una dicitura assolutamente generica).
Scontata la conclusione della vicenda: “A” si appropria dell’idea, deposita un brevetto avente ad oggetto il procedimento per ottenere il prodotto, un altro per proteggere il prodotto ed un modello per tutelarne l’estetica.
E il Signor Rossi? Il Signor Rossi non avendo fatto firmare alla “A” alcun documento in grado di provare l’oggetto, la quantità e la qualità delle informazioni che ha comunicato alla “A” avrà delle serie difficoltà a dimostrare di essere stato “buggerato” e a veder restaurato il suo buon diritto.
Purtroppo, la vicenda sin qui descritta semplifica e forse banalizza una grave realtà: a tutt’oggi chi fa innovazione spesso non sa di farla e di conseguenza non si tutela. Dal processo produttivo di un oggetto alla sua strategia di vendita: è lunga la serie delle informazioni che, per chi le detiene, rappresentano un grande valore economico e per i concorrenti un indubbio vantaggio, se solo le potessero conoscere.
Eppure oggi le c.d. “informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali” espressamente tutelate dalla legge (e precisamente dall’Art. 98 del Codice della Proprietà Industriale) sono sottovalutate.
I requisiti richiesti sono pochi: che siano “segrete”, che abbiano un valore economico per chi le detiene, e che questi abbia messo in atto tutti gli accorgimenti necessari affinché rimangano segrete ed inaccessibili ai terzi. Ecco allora che è fondamentale che si sia tutelati da misure di salvaguardia rivolte sia all’“l’interno” – verso dipendenti o collaboratori – sia all’“esterno” – verso i terzi in generale, come i fornitori.
Il primo passo per evitare brutte sorprese? Stilare contratti puntuali – come lettere di intenti, accordi di segretezza o di non divulgazione -, esplicite clausole contenute ad esempio in contratti di collaborazione, subfornitura o appalto, che contengano un impegno autonomo (non legato cioè alla conclusione del contratto finale) con un esplicito riferimento alla quantità e qualità dei dati rivelati.
Solo in questo modo è possibile ottenere dalla controparte l’impegno alla non divulgazione o utilizzo di quanto da questa appreso nel corso delle trattative che precedono la conclusione di un contratto (tale tipo di impegno è utile ad esempio qualora ci si rivolga ad un soggetto terzo per produrre un certo bene o qualora si intenda proporre ad altri un prodotto nuovo, ancora non brevettato o non brevettabile, e si voglia garantire che la controparte non se ne appropri in maniera illecita) e soprattutto l’impegno di questa a non appropriarsene in alcun modo.