Loredana Mansi, Consulente in Marchi e Raffaella Previtera, AvvocatoMetroconsult Srl None (To), Milano, Genova

Secondo i dati dell’Osservatorio eCommerce B2c della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2013 in Italia l’e-commerce è cresciuto del 17% rispetto all’anno precedente.
Purtroppo, secondo i dati della Guardia di Finanza, anche i numeri della contraffazione su internet (principalmente download illegali di software, e-commerce), sono aumentati nel 2013, con un incremento pari al 60% rispetto al 2012.
La fotografia di internet che emerge è quella di un mercato globale, in cui si sono insediati nuovi markeplace, ovvero siti internet di intermediazione dove gli utenti si rivolgono per la compravendita di svariate tipologie di prodotti e servizi.
Nell’ambito di questa nuova forma di mercato si osserva che una quota consistente di prodotti commercializzati sono scambiati, in palese violazione di diritti di proprietà industriale /intellettuale altrui.
L’uso non autorizzato di un altrui marchio on line e/o di altro titolo di proprietà industriale/intellettuale, legittima il titolare ad agire sia nei confronti dell’autore della contraffazione (come in qualsiasi violazione “off line”), sia nei confronti dei gestori delle piattaforme di e-commerce.
Il problema della contraffazione via Internet, infatti, impatta con il ruolo degli Internet Service Providers (ISP) e, più in generale, dei fornitori di servizi via web.
Prima dell’entrata in vigore del D.Lgs 70/2003, emanato in attuazione della direttiva 2000/31/CE (Direttiva sull’e-commerce), in Italia la responsabilità degli ISP veniva ravvisata esclusivamente nell’ipotesi di violazione dei canoni di prudenza, diligenza e perizia di cui all’art. 2043 c.c.
A seguito dell’entrata in vigore del citato Decreto, la Giurisprudenza ha individuato fattispecie di responsabilità a carico degli ISP per non aver rimosso dai loro siti, i contenuti in violazione di diritti di privativa industriale/intellettuale altrui, dopo esserne stati informati dai legittimi titolari.
Nel caso Ebay-l’Oreal, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) con la decisione n. 324/2011 ha ritenuto Ebay responsabile per la messa in commercio di prodotti contraffatti in quanto era stata ravvisata un’attiva partecipazione della piattaforma nell’offerta dei prodotti (per via della registrazioni dei marchi di l’Oreal con il servizio di Adwords di Google) nonché era stata messa al corrente di fatti e circostanza dalle quali si evinceva l’illiceità della condotta dell’utente e non aveva agito per ritirare le offerte o renderle inaccessibili sul sito.
Nel 2008 con due decisioni diverse, il Tribunale di Parigi ha condannato Ebay al pagamento di svariati milioni di euro rispettivamente, al Gruppo Lvmh e ad Hermes, per non aver contrastato, a seguito delle denunce dei titolari, la vendita online di prodotti con marchi contraffatti appartenenti ai due ricorrenti.
Il Tribunale di Milano con sentenza no. 10893 del 9.09.2011 nel caso RTI (Reti Televisive italiane S.p.a.)/Yahoo Italia e Yahoo Inc. a seguito del rinvenimento nella sezione “video” del portale Yahoo di numerose sequenze tratte dalle trasmissioni di titolarità di RTI, è giunto a fondare la responsabilità del provider per violazione del diritto d’autore, per il fatto della conoscenza, da parte di quest’ultimo, del materiale “sospetto” a seguito della diffida e per il ruolo attivo svolto da Yahoo rispetto ai contenuti memorizzati.
Alla luce delle decisioni citate e, sebbene il dibattito sulla responsabilità degli ISP sia tutt’ora aperto, si ritiene che la legge fornisca gli strumenti per contrastare i fenomeni di contraffazione online.
Nel caso in cui si verificassero violazioni quali inserzioni con prodotti contraffatti o altre tipologie di abusi (es. Adwords), il titolare del diritto violato potrà valutare di “denunciare” l’illecita inserzione o l’abuso, direttamente alla piattaforma informatica attraverso un “complaint” e/o rivolgersi al giudice per chiedere un provvedimento cautelare per la rimozione dell’abuso.
Si tenga presente che la piattaforma tecnologica non svolge alcun ruolo attivo o proattivo rispetto all’accertamento della violazione. Non vi è alcun obbligo per le suddette piattaforme di verificare e monitorare che i prodotti messi in vendita da un utente, siano genuini e/o che non violino altrui diritti di proprietà industriale/intellettuale. Questo onere spetta, in via esclusiva, al titolare della privativa che dovrà farsi parte diligente e adottare tutte le misure idonee a tutelare e monitorare on line, i propri titoli di privativa industriale/intellettuale siano essi marchi, design, brevetti e/o opere dell’ingegno tutelate dal diritti d’autore.

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